I primi farmaci biologici sono stati approvati negli anni Ottanta: per alcuni di essi i brevetti o diritti di esclusiva sono già scaduti, per molti altri scadranno nei prossimi anni. Un farmaco biosimilare è un medicinale molto simile ad un altro medicinale biologico già commercializzato nell’UE (il cosiddetto farmaco di riferimento). Le aziende possono commercializzare i biosimilari approvati alla scadenza della protezione brevettuale nel relativo mercato di riferimento (dopo 10 anni).
Le biotecnologie hanno reso possibile lo sviluppo di cure estremamente efficaci e mirate per molte patologie gravi: i farmaci biologici, prodotti con biotecnologie, hanno già contribuito al trattamento di milioni di pazienti affetti da malattie come i tumori, la sclerosi multipla, il diabete, l’artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni e rare.
Un farmaco biologico è un farmaco che contiene uno o più principi attivi prodotti o derivati da una fonte biologica. Qui sta la grande differenza esistente tra i farmaci "classici" e i farmaci biologici: i primi sono normalmente prodotti tramite un processo di sintesi chimica; la gran parte dei secondi è prodotta invece da organismi viventi. I principi attivi dei farmaci biologici sono più grandi e complessi di quelli dei farmaci non biologici e solo gli organismi viventi sono in grado di riprodurre tale complessità.
Per organismi viventi si intendono delle cellule all’interno delle quali è stato inserito un gene che consente loro di produrre una specifica proteina: in qualche caso si tratta di proteine già presenti nel corpo umano come, ad esempio, l’insulina, l’ormone della crescita o l’eritropoietina. Ogni produttore ha le proprie linee cellulari uniche, e sviluppa i propri processi produttivi.
La complessità dei farmaci biologici e il modo in cui vengono prodotti può comportare un certo grado di variabilità nelle molecole dello stesso principio attivo: si tratta di una variabilità assolutamente naturale e può verificarsi anche in lotti diversi dello stesso farmaco.