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"Non esiste alcun disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, ma continua a mancare un piano preciso di salvataggio, condizionato dalla limitata capacità della politica di guardare a medio-lungo termine. Di questo passo nel 2025 il fabbisogno del Ssn sarà di 210 miliardi e ne mancheranno 16 all'appello: in assenza diassenza di interventi preventivi adeguati la lenta trasformazione verso un sistema sanitario misto sarà inesorabile, consegnando definitivamente alla storia il nostro tanto invidiato sistema di welfare".

Il nuovo check sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale è contenuto nel II Rapporto Gimbe, presentato oggi a Roma dal presidente dell'omonima Fondazione, Nino Cartabellotta.

Il Rapporto analizza in maniera dettagliata le quattro criticità che condizionano la sostenibilità del servizio pubblico, tracciando anche le linee d'intervento per un possibile "Piano di salvataggio” del Ssn, a partire dal killer storico che va sotto il nime di definanziamento.

La spesa sanitaria in Italia - sottolinea il Rapporto - continua inesorabilmente a perdere terreno, sia in percentuale del Pil sia dal punto di vista della spesa pro-capite totale, inferiore alla media OCSE (3.245 dollari  3.976), che posiziona l’Italia prima tra i Paesi poveri dell’Europa. "L’entità del definanziamento pubblico – precisa Cartabellotta – emerge in maniera ancora più evidente confrontando la crescita percentuale della spesa pubblica nel 2009-2015, dove l’Italia si attesta ultima, con un misero +2,9% (rispetto al 20% in più registrato dalla media OCSE), precedendo solo Spagna, Portogallo e Grecia, paesi in cui si è verificata addirittura una riduzione percentuale". 

In altri termini, non è più possibile dare colpa alla crisi: il definanziamento è diventato strutturale e - denuncia GIMBE - entro il 2019  il rapporto spesa sanitaria-Pil arriverà al 6,4% scendendo per la prima volta sotto la soglia d'allarme del 6,5% del Pil fissata dall'Oms al di sotto della quale si riducono le aspettativa di vita. Inoltre, sottolinea ancora il Rapporto dal DEF 2017 emerge con chiarezza che "ad una eventuale ripresa del Pil nei prossimi anni non corrisponderà in modo proporzionale un aumento del finanziamento della sanità".

Seconda criticità di rilievo quella dei nuovi Lea: un “paniere” di prestazioni estremamente ricco ma altrettanto privo di risorse. "Il vero problema – puntualizza Cartabellotta– è che il DPCM sui nuovi LEA non rende esplicita né la metodologia per inserire le prestazioni nei LEA, né quella per “sfoltirli”, così si concretizzano situazioni paradossali, dove con il denaro pubblico vengono al tempo stesso rimborsate prestazioni futili o addirittura dal rapporto rischio-beneficio sfavorevole, mentre prestazioni indispensabili non vengono garantite".

A seguire le due criticità che sembrano essere facce della stessa medaglia: soldi spesi male dal servizio sanitario pubblico, tra sprechi e inefficienze e soldi investiti di tasca propria dai cittadini che finiscono con l'essere fagocitati dalle assicurazioni private a danno di quel secondo pilastro - i fondi integrativi - che in Italia sembrano non decollare mai. "Le varie forme di sanità integrativa – sottolinea infatti  Cartabellotta – “intermediano” solo il 12,8% della spesa privata, collocando l’Italia agli ultimi posti dei paesi dell’OCSE. Peraltro, la frammentazione legislativa ha generato un paradosso inaccettabile: se i fondi sanitari integrativi non possono coprire prestazioni essenziali, molte di queste oggi vengono sostenute dalle assicurazioni private, che si stanno insinuando tra incertezze delle Istituzioni e minori tutele della sanità pubblica, rischiando di trasformare silenziosamente, ma inesorabilmente, il modello di un SSN pubblico, equo e universalistico in un sistema misto».

Il Rapporto aggiorna infine le stime sugli sprechi: nel 2016   sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, e inadeguato coordinamento dell’assistenza avrebbero mandato in fumo 22,51 miliardi di euro. Niente di strano se è vero il dato riferito da quello Agnès Couffinhal – senior economist dell’OCSE che ha presentato il report Tackling Wasteful Spending on Health, pubblicato in gennaio: "Circa 1/5 della spesa sanitaria apporta un contributo minimo o nullo al miglioramento della salute delle persone - ha detto. - Le evidenze sugli sprechi sono inequivocabili ed emergono in tutti i Paesi - ha concluso. - Non è più tempo di disquisire sulla loro esistenza, ma bisogna agire senza indugi, considerando che tutti gli stakeholder sono chiamati a collaborare per tagliare gli sprechi con precisione chirurgica".

"Senza i tre “cunei di stabilizzazione” individuati - disinvestimento da sprechi e inefficienze, incremento della quota intermediata della spesa privata e  adeguata ripresa del finanziamento pubblico - conclude Cartabellotta - la lenta trasformazione verso un sistema sanitario misto sarà inesorabile, consegnando definitivamente alla storia il nostro tanto invidiato sistema di welfare. Ma, se anche questa sarà la strada, la politica non potrà esimersi dal giocare un ruolo attivo, avviando una rigorosa governance della delicata fase di transizione con il fine di proteggere le fasce più deboli e di ridurre al minimo le diseguaglianze".

"Vista la situazione - ha convenuto Luigi d'Ambrosio Lettieri (CoR), membro della  Commissione Sanità del Senato - è urgente rimettere mano alla sanità integrativa e mettere a punto una disciplina che stabilisca cosa deve fare il privato e come".

A chiedere "più trasparenza e regole chiare sui fondi integrativi sanitari" è anche il presidente della Commissione Affari sociali della Camera, Mario Marazziti (DES-CD), mentre tra le priorità individuate da  Amedeo Bianco (Pd), membro della Commissione Sanità del Senato, figura la "necessità di formare professionisti sanitari a portare avanti una governance morale sui Livelli essenziali di assistenza, in modo che possano indirizzare sulle prestazioni che è giusto offrire al singolo paziente".

Da Walter Ricciardi, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), infine, l'ivito a  "migliorare il dialogo con il ministero dell'Economia".  Perché, ha spiegato "non possiamo parlare di migliorare la prevenzione, se poi lo Stato si finanzia con fumo, alcol e gioco d'azzardo". 

Di seguito i sei punti chiave del “Piano di salvataggio” GIMBE del Servizio Sanitario Nazionale:

-   offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate al SSN, mettendo fine alle annuali revisioni al ribasso rispetto alle previsioni e soprattutto con un graduale rilancio del finanziamento pubblico;

-   rimodulare i LEA sotto il segno del value, per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie ad elevato value, destinando quelle dal basso value alla spesa privata e impedendo l’erogazione di prestazioni dal value negativo;

-  ridefinire i criteri della compartecipazione alla spesa sanitaria e le detrazioni per spese sanitarie a fini IRPEF, tenendo conto anche del value delle prestazioni sanitarie;

-  attuare al più presto un riordino legislativo della sanità integrativa;

- avviare un piano nazionale di prevenzione e riduzione degli sprechi, al fine di disinvestire e riallocare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi;

- mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni (health in all policies), in particolare di quelle che coinvolgono lo sviluppo economico del Paese.