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Sarebbe stato bello - e climaticamente più compatibile - poter dedicare questa riflessione prima della pausa estiva alla condivisione di una “buona” notizia, ad esempio la risoluzione di qualcuno dei rebus ancora aperti con l’Agenzia Italiana del Farmaco.

Le cronache politico-economiche di questi roventi giorni ci costringono invece a prendere atto dei festeggiamenti governativi in merito all’approvazione della prima Legge annuale per il Mercato e la Concorrenza, che ha tagliato il traguardo dopo il calvario di un iter normativo protrattosi per oltre due anni e mezzo e che ha lasciato con l’amaro in bocca “mezza” filiera farmaceutica. 

L’approvazione della nuova legge rappresenta “un importante segnale di serietà per il Paese”, ha affermato il ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, spiegando che essa  ha come obiettivo quello di “stimolare la crescita e la produttività e consentire ai consumatori di avere accesso a beni e servizi a minor costo”.

Dispiace allora dover prendere atto - e purtroppo condividere - le motivazioni per cui il presidente della Commissione Industria del Senato, Massimo Muchetti (Pd), non ha partecipato al voto di fiducia: “si è evitato di intervenire sul patent linkage dei farmaci per risparmiare spesa pubblica sanitaria; i farmaci di fascia C siano rimasti preclusi alle parafarmacie senza varare altri provvedimenti; si è stabilito un tetto antitrust all’intervento del capitale finanziario nella proprietà delle farmacie così alto da non costituire in realtà alcun limite e da mettere il Servizio sanitario nazionale di fronte a una specie di potenziale monopolio di fatto….”, ha detto testualmente nel suo intervento in dissenso in merito ai contenuti del provvedimento. 

E ha concluso denunciando le convergenze bipartisan che su alcune rilevanti questioni “hanno fatto della legge sulla concorrenza uno strumento per favorire o salvaguardare alcune grandi aziende”.

Assogenerici ha più volte alzato la voce – trovando peraltro il pieno appoggio dell’Antitrust - per reclamare l’abolizione delpatent linkage, cioè l'impossibilità di classificare in fascia A un generico prima della scadenza del brevetto del farmaco di marca corrispondente: un meccanismo che non esiste in nessun altro Paese del’UE e che ha il solo effetto di rallentare l’arrivo degli equivalenti sul mercato determinando un mancato risparmio per il Ssn laddove quel brevetto fosse nullo o, peggio, falso.

Allo stesso modo l’Associazione ha più volte stigmatizzato le norme relative all’ingresso delle società di capitali nella proprietà delle farmacie e il fatto che l’assenza di un tetto legato agli effettivi volumi di vendita apre la porta alla creazione di situazioni oligopolistiche, in totale antitesi con l’apparentemente auspicato effetto pro-concorrenziale.

A nulla sono valse tutte le analisi e le spiegazioni fornite a chi col proprio voto poteva e doveva favorire nel nostro - come in altri settori - la realizzazione dell’obiettivo proclamato dallo Sviluppo: “consentire ai consumatori di avere accesso a beni e servizi a minor costo”.

Andiamo in ferie sapendo che al ritorno ci sarà nuovamente da rimboccarsi le maniche sperando di portare a casa almeno i frutti dell’intenso dialogo avviato con AIFA in merito alla semplificazione delle fasi registrative e negoziali nazionali dei farmaci generici. Il percorso è ancora lungo, ma l’Agenzia si è assunta l’impegno di lavorare entro settembre nell’ottica di una semplificazione procedurale che – anche alla luce delle ultime novità legislative – non è ormai più rinviabile.

 

Enrique Häusermann

presidente Assogenerici