Farmacovigilanza sotto i riflettori nelle relazioni presentate dai ricercatori assegnatari delle borse di studio Sif-Assogenerici per il 2016: sei borse, dell’importo di 5mila euro ciascuna, riservate ai Soci SIF, iscritti da almeno tre anni, non strutturati, di età massima 38 anni, che lavorano nell’Università per progetti di ricerca aventi ad oggetti i farmaci equivalenti in Italia.
Tra i lavori presentati (e pubblicati sul sito della SIF), particolare attenzione al tema delle ADR nel lavoro della dottoressa Cristina Scavone (Dipartimento di Medicina Sperimentale - Sezione di Farmacologia L.Donatelli, Università della Campania Luigi Vanvitelli), che sotto la guida della professoressa Annalisa Capuano ha sviluppato una interessante analisi delle segnalazioni di sospetta ADR in Regione Campania dai primi 20 principi attivi a brevetto scaduto a maggior spesa nell’anno 2015.
Dalla "valutazione delle differenze tra i rispettivi originator ed equivalenti in termini di insorgenza di ADR e correlazione tra i fallimenti terapeutici segnalati e il fenomeno del biocreep” contenuta nello studio emerge che i fallimenti terapeutici possono essere correlati a fattori medici (prescrizione inappropriata, sotto-dosaggio, mancata compliance), farmacologici (via di somministrazione inappropriata, interazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche, polimorfismi genetici) nonché farmaceutici (prodotti contraffatti o con standard qualitativi insufficienti, errori di produzione, condizioni inappropriate di conservazione). Fenomenologia che sembra però accomunare a pari merito branded ed equivalenti: "Non sono state riscontrate differenze tra branded e rispettivi genenrici per quel che concerne la gravitàdelle ADR segnalate - sottolinea la ricercatrivce nelle conclusioni - mentre per quel che concerne le segnalazioni relative a fallimenti terapeutici, queste sono state primariamente correlate a farmaci branded antipertensivi e ipocolesterolemizzanti".
Segnalazioni delle reazioni avverse da generici sotto la lente anche nell'analisi di Lucia Gozzo (Programma Interdipartimentale di Farmacologia Clinica-Policlinico Vittorio Emauele, Università di Catania), che sotto la guida del professor Filippo Drago ha nalizzato le segnalazioni di reazioni avverse da generici presenti in rete alla delle disposizioni dettate dalla Regione Sicilia in merito alla non sostituibilità dei farmaci brand. I riultati dello studio sembrano sgombrare decisamente il campo dai falsi miti tendenti ad attribuire al farmaco equivalente un maggior numero di reazioni avverse rispetto all'originator.
“Nel 2016, pur rimanendo elevato il numero di ADR totali, le percentuali di segnalazioni da generici sono scese all’8,6%, riavvicinandosi ai valori del 2009-2012 (7,8%) - sottolinea infatti la Gozzo nelle conclusioni. - Questo sembra supportare il fatto che il picco registrato in questi anni sia stato legato alle disposizioni regionali in tema di sostituibilità dei generici e che i richiami alla segnalazione responsabile fatti sia da AIFA che dalla Regione Sicilia siano stati efficaci”.
Ha scelto invece di focalizzarsi sui biosimilari Ylenia Ingrasciotta (Dipartimento di scienze biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali - Università di Messina) che ha scelto come tema di studio l'effectiveness e la sicurezza dello switch tra epoetine nella pratica clinica.
Lo studio - condotto nell’ambito del progetto multicentrico “Assessment of Short and Long Term Risk–Benefit Profile of Biologics Through Healthcare Database Network in Italy’’, finanziato dal ministero della Salute - si sviluppa utilizzando i flussi amministrativi di 6 Regioni/ASL italiane (Lazio, Toscana, Umbria, ASL di Caserta, ULSS di Treviso e ASP di Palermo), per una popolazione complessiva di circa 13 milioni assistiti e per un arco di 6 anni. Lo switch è analizzato a tre livelli (orignator-biosimilare; originator due o più epoetine rispetto al farmaco utilizzato inizialmente; switch back, ovvero due o più switch, dei quali almeno uno verso l’epoetina dispensata in fase iniziale), valutando sia l’effectiveness (minore probabilità di ricevere trasfusioni) sia la sicurezza (es. rischio di eventi cardiovascolari maggiori, discrasia ematica o reazioni allergiche gravi) dello switch.
"Lo switch tra epoetine è risultato essere un fenomeno frequente in pratica clinica, indipendentemente dall’indicazione d’uso - conferma la ricercatrice nelle conclusioni. - Il tipo di epoetina (biosimilare o originator) dispensata all’inizio del trattamento sembrava influenzare lo switch, così come le trasfusioni e la severità dell’IRC. I risultati, inoltre, mostrano che non sono emerse particolari criticità correlate allo switch a partire dall’epoetina alfa originator in termini di efficacia e sicurezza".
"Ad oggi - prosegue la Ingrasciotta -esiste ancora nel mondo scientifico qualche perplessità sull’immunogenicità dello switch tra prodotti biologici che può causare perdita di efficacia o tossicità. Tuttavia - conclude - sia le evidenze degli RCT che i dati real-world rassicurano che lo switch dal prodotto di riferimento verso un biosimilare non aumenta l’immunogenicità".