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Manca appena una settimana all'approvazione definitiva del Regolamento europeo sull'SPC Waiver: il testo sarà licenziato dal Parlamento Ue tra il 16 e il 17 aprile e rappresenterà un punto di svolta fondamentale per il comparto dei produttori di generici biosimilari e biosimilari, aprendo importanti opportunità di crescita per il comparto delle sostanze attive e delle produzioni conto terzi, con l'Italia in prima fila.

A fare il punto sulle prospettive offerte dalla riforma la tavola rotonda organizzata ieri da NCF - Tecniche Nuove Healthcare nell'ambito di Pharmintech,   l’appuntamento internazionale dedicato all'industria farmaceutica, nutraceutica, cosmeceutica e delle biotecnologiea, nutraceutica, cosmeceutica e delle biotecnologie, in corso fino a domani alla Fiera di Bologna.

Ad illustrare le novità in arrivo Sergio Napolitano, dell'Ufficio legale di Medicines for Europe,  l’associazione europea che raggruppa i produttori di medicinali generici e biosimilari che ha coniato lo slogan “Make it in Europe again!” proprio  per sottolineare l’impatto che potrebbe derivare dall’entrata in vigore della deroga ai certificati di protezione complementare, attesa per il 2022.

L’SPC manufacturing waiver rappresenta il primo caso in Europa in cui si è riaperta una legislazione sulla proprietà intellettuale al fine di modificarla a favore dell’industria europea -  ha sottolineato Napolitano - anche se nel testo permangono alcune criticità come ad esempio la previsione che le attività finalizzate alla produzione delle versioni generiche dei medicinali il cui certificato di protezione è in scadenza possano iniziare solo 6 mesi prima della scadenza dello stesso".

Ma senza SPC, d’altra parte, al day-1 sarebbero entrate sui mercati europei produzioni provenienti da paesi extra-Ue, una situazione chiaramente inaccettabile sul piano della competitività”, ha sottolineato il rappresentante di Assogenerici, Massimiliano Del Frate, che ha fatto il punto sulle prospettive del comparto italiano.

"L’industria farmaceutica nazionale  è ai primi posti in Europa per valore della produzione e in media il 40-45% del fatturato deriva dall’export: da questo punto di vista il picco massimo è stato raggiunto nel 2017, quando il comparto ha destinato complessivamente all’export l’86% della produzione. Per quanto riguarda il comparto degli equivalenti e dei biosimilari - allineato sulle stesse performance - merita di essere sottolineato che oltre il 50% di quelli venduti in Italia sono prodotti in stabilimenti presenti sul territorio nazionale, a dimostrazione del valore e dell’importanza del nostro comparto - ha spiegato. - In questo quadro la norma sull’SPC manufacturing waiver è di particolare importanza sia per i prodotti finiti che per i principi attivi: è un fattore cruciale di competitività grazie al quale diventa plausibile l’obiettivo di aumentare fino al 70% la quota di fatturato derivante dalle esportazioni che attualmente si indirizzano soprattutto verso l’Europa e il Nord America e – in quota minore – verso l’Asia Orientale".

"La norma sull’SPC waiver - ha proseguito Del Frate -  può rappresentare un nuovo punto di svolta, contribuendo a consolidare la leadership europea nel settore della produzione farmaceutica non intaccando minimamente la tutela garantita al titolare dell’SPC e risultando particolarmente vantaggiosa soprattutto per le PMI, che non sarebbero più costrette ad affidarsi ad aziende non europee che possono comportare problemi in relazione alla qualità e affidabilità delle forniture. Un percorso virtuoso che conduca le grandi aziende a scegliere il proprio partner tra le aziende europee o extraeuropee potrebbe anche favorire il rientro di produzioni in Italia grazie ad un riassetto della produzione basato su partnership innovative tra multinazionali e CMO. Da non trascurare infine - ha concluso -  il fatto che la norma avrà implicazioni positive anche per altri settori contigui come quello dei principi attivi, che vede una presenza particolarmente significativa nel nostro Paese nonché per tutto l’indotto farmaceutico, in relazione al quale il nostro Paese vanta primati d’eccellenza come quello della produzione di macchinari, come dimostra la manifestazione che ospita questo evento".

Sulle qualità e sulle prospettive di creascita del comparto italiano dei produttori di principi attivi farmaceutici (API) è intervenuto il presidente di Aschimfarma, Paolo Russolo: “Le multinazionali del farmaco negli ultimi anni hanno confermato il loro orientamento ad affidare incarichi di custom a imprese europee, e in particolare italiane”, ha confermato, illustrando le caratteristiche di un comparto d'eccellenza che tuttavia riscontra tra le tante criticità  quella del reperimento degli starting materials e la possibilità che si giunga anche in Italia ad estendere anche alle fasi II il regime di notifica per gli API sperimentali".

Sul tema delle sfide sfide produttive sul fronte dell’innovazione che le aziende italiane del farmaco sono chiamate a mettere in attoper rimanere competitive sugli scenari globaliche  sono intervenuti anche gli esperti di Ipse, Alessandro Fava e Gianni Gottardo: "Le sfide da affrontare per cogliere le opportunità di innovazione e integrarle nel proprio sistema produttivo - hanno spiegato - richiedono di considerare anche le partnership con i propri fornitori e, non da ultimo, la disponibilità al cambiamento delle proprie risorse interne. Un’altra criticità riguarda la gestione del ciclo di vita del prodotto, altro elemento legato in modo imprescindibile all’innovazione".

Alla tracciabilità dei farmaci lungo l’intera supply chain è stata dedicato l’intervento di Piero Iamartino, esperto dell’Associazione Farmaceutici Industria (AFI), che ha posto l’accento sulla complessità del dover documentare tutti i percorsi degli API e degli eccipienti, a partire dagli intermedi critici per la produzione del principio attivo. La responsabilità finale è del fabbricante del medicinale finito, che è chiamato a discutere e concordare i requisiti delle forniture con i propri fornitori. Anche il produttore dell’API è tenuto a valutare i propri fornitori di materie prime ed intermedi, documentando l’intera catena della distribuzione. La rispondenza alle GMP e alle GDP da parte dei fornitori deve essere verificata tramite audit da parte del fabbricante del prodotto finito. “Tra i principali rischi per la tracciabilità - ha spiegato Piero Imartino - la possibilità che alcuni siti produttivi non corrispondano a quelli dichiarati, o vengano affidati subappalti di fasi produttive non dichiarati e/o autorizzati o non rispondenti alle GMP", ha concluso, sottolineando per il futuro  "l’opportunità di portare il sistema alla completa digitalizzazione, implementando anche nuove tecnologie come la blockchain".