Per approcciare al meglio qualsiasi progetto di innovazione digitale nel settore salute bisogna in primo luogo aver chiaro l’obiettivo di riuscire ad ingaggiare gli utenti, superando l’ostacolo della scarsa frequenza di utilizzo. Ma ancora prima bisogna chiarire a sé stessi e agli altri cosa si intende per digital health, ovvero quella realtà in costante evoluzione che deriva dalla convergenza delle tecnologie digitali e genomiche con la salute, l’assistenza sanitaria, lo stile di vita e l’evoluzione della società, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza dell’erogazione delle cure rendendole sempre più personalizzate e precise.

In quest’ottica è necessario operare per fasi progressive, elaborando un progetto di medio respiro, ad esempio su base quinquennale, e puntando a tirare le somme alla fine del periodo, verificando il tasso di recettività da parte dell’audience di riferimento o degli stakeholder che si vorrebbero coinvolgere, perché - come già detto - al di là della nuova tecnologia introdotta o utilizzata è importante che il servizio venga utilizzato.

Altro tema importante da tenere presente in quest’ambito è il peso relativo dei concetti di “paziente” e “persona”. L’avvento di Internet ha infatti rotto le tradizionali asimmetrie informative: complice il Dottor Google le persone sono più consapevoli e tendono a crearsi un bagaglio autonomo di informazioni, spesso non corrette. Nel lavorare al lancio di un nuovo servizio o prodotto è necessario tenere bene a mente questo concetto, perché l’utente finale non è più un soggetto passivo, bensì un soggetto attivo.

Per questo diventano temi cruciali anche il passaggio dal multicanale all’omnicanale ibrido, ovvero la capacità di offrire lo stesso servizio sia in presenza che in modalità digitale, il passaggio dalle prestazioni standard alla personalizzazione delle stesse, la capacità di promuovere la cooperazione, che privilegia gli interessi comuni, contro la frammentazione che caratterizza il settore sanitario. Sono queste le armi di cui dotarsi per tempo, per tentare di portare avanti per primi questo tipo di trasformazione.

Strumenti fondamentali in questo percorso il dialogo - dunque la capacità di mettere in pista progetti che creino una relazione virtuosa tra l’attore tecnologico e innovativo e l’azienda farmaceutica, dotata delle expertise indispensabili a creare il processo - e la possibilità di raccogliere i KPI che il payer e/o la Pubblica Amministrazione possano facilmente comprendere e interpretare.

La strategia deve puntare ad una adeguata distribuzione di valore a tutte le parti in causa: il paziente deve restare ingaggiato grazie al concreto miglioramento del proprio stato di salute e al rapporto di fiducia con i professionisti a cui si affida (i cosiddetti “attivatori”, che possono essere il medico, il farmacista o altre figure nell’ambito del percorso attivato); KPI e vantaggi economici possono stimolare l’impegno dei professionisti che attivano azioni concrete che vanno oltre la semplice prescrizione del farmaco o della terapia per migliorare l’aderenza alle cure e la riduzione dei costi nella gestione del paziente.

I percorsi di cui stiamo parlando richiedono evidentemente investimenti molto personalizzati: per questo è importante individuare specifiche aree terapeutiche su cui puntare. Le aree terapeutiche di maggiore interesse sono probabilmente quelle del cardiovascolare, delle malattie respiratorie, delle malattie ematiche, per la presenza di una massa critica di potenziali utenti capace di fornire una risposta rapida nell’adozione delle nuove tecnologie e anche un adeguato break even nella distribuzione del valore.

Il pianeta della salute ha senz’altro imboccato la strada della medicina personalizzata: per questo è necessario creare piani terapeutici, percorsi di cura, patients journey e molecole specifiche in base alle esigenze peculiari di sotto-categorie di pazienti. E la combinazione tra medicinali già approvati e tecnologia può permettere di velocizzare questo percorso di personalizzazione in base alle esigenze dei pazienti.

Certamente è necessario individuare l’interlocutore adeguato e partire da un’area molto semplice, con le dinamiche di ingaggio siano molto chiare ed eventualmente “estreme”, all’interno della quale fare massa e monitorare l’esperienza degli utenti con sperimentazioni specifiche. Di pari passo va costruito un progressivo dialogo con il legislatore in cui far confluire i risultati maturati all’interno del cluster.

È comunque indispensabile una puntuale programmazione di tutti questi passaggi, perché sul settore salute stanno convergendo gli interessi di diverse industries: è un terreno di conquista in un settore chiamato ad affrontare un bisogno universale di cura che oggi presenta caratteristiche di grande inefficienza. Diventa dunque fondamentale diventare leader del futuro, riuscendo a conquistarsi un adeguato serbatoio di utenti a cui poi offrire anche altri tipi di servizi.