La tecnologia digitale è destinata a diventare sempre più protagonista nell’ambito dei processi di assistenza e cura in un processo di trasformazione potenzialmente capace di offrire ampio spazio di coinvolgimento al pianeta delle molecole off patent. È tuttavia altrettanto vero che nel nostro Paese – uno dei meno digitalmente maturi in Europa –  si sta ancora ragionando su strumenti come la telemedicina e il Fascicolo Sanitario Elettronico – altrove dati per acquisiti e superati – mentre avanza a grandi passi il tema delle terapie digitali che in Paesi con gli Usa, la Germania o la Francia hanno già trovato un adeguato inquadramento normativo.

Cercare di capire “come” e soprattutto “dove” rimboccarsi le maniche per far sì che il valore terapeutico delle molecole non si esaurisca con la perdita brevetto - tema industriale e non scientifico – l’obiettivo della Round Table organizzata il 27 maggio 2022 dal Gruppo VAM di Egualia, nell’ambio del progetto di advocacy “Il valore aggiunto alla salute. Farmaci, salute e innovazione: le nuove frontiere delle VAM”, avviato a fine 2020 e giunto al suo quinto appuntamento.

Protagonisti del confronto Eugenio Santoro (Capo Laboratorio, Dipartimento di Ricerca Salute pubblica presso l’IRRC Mario Negri) e Giuseppe Recchia (Co-founder e CEO daVinci Digital Therapeutics e daVi DigitalMedicine).

Primo tema sotto la lente: la tassonomia del digital assessment applicato alla salute, partendo dalla consapevolezza che le nuove forme di combinazione tra la chimica e il digitale sono ancora tutte da esplorare, che esistono possibilità di innovazione anche per gli off patent e che il bersaglio auspicato dalle aziende VAM e quello di un inquadramento regolatorio che deve essere riconoscibile e riconosciuto da tutti stakeholders.

A tentare di fare ordine nella babele di definizioni in campo - dove si chiamano ancora cose diverse con lo stesso nome e con nomi diverse le stesse cose - è stato Eugenio Santoro, tracciando anche una breve biografia della digital health.

“La definizione è stata coniata almeno 15 anni fa, restando però relegata solo nell’ambito degli esperti, e ha iniziato a trovare spazio nel dibattito sulle politiche sanitarie solo in anni recenti”, ha spiegatoSantoro. Il lancio di importanti riviste dedicate a livello internazionale (Lancet, Nature) risale appena al 2019, mentre solo a gennaio 2021 l’Enciclopedia Treccani ha introdotto il termine digital health, con la definizione curata dallo stesso Santoro.

Più o meno altrettanto ravvicinata nel tempo l’evoluzione normativa che ha portato in Germania al riconoscimento delle applicazioni digitali sanitarie come prescrivibili dai medici e rimborsabili da parte delle assicurazioni sanitarie, dando vita al quel modello tedesco cui si ispirano ormai diversi Paesi europei.

Il tentativo di categorizzazione nell’ambito della tecnologie digitali per la salute, ha spiegato ancora Santoro, consente di individuare sostanzialmente tre aree: quella dei gadget, quella dei dispositivi medici e quella delle digital therapeutics.

 

Santoro 1

Gadget: sono ad esempio le app per il benessere, gli stili di vita, l’alimentazione ovvero le piattaforme che consentono la raccolta di dati, per informare, per l’erogazione servizi (es. prenotazione prestazioni; lettura referti), per il monitoraggio continuo del paziente. In genere non necessitano di validazione di tipo scientifico.

Dispositivi: è un sottoinsieme di strumenti di digital medicine utili alla raccolta di dati in base ai quali vengono assunte decisioni di tipo clinico, consentono il supporto alla diagnosi o al trattamento farmacologico, supportano l’aderenza alla terapia (es. con i reminders). È il caso ad esempio della pillola dotata di sensore biocompatibile che genera un segnale elettrico quando entra in contatto con i fluidi dello stomaco di un paziente (digital drug support) recentemente approvata dalla FDA.

Digital therapeutics: il loro percorso di sviluppo è sovrapponibile a quello per le terapie tradizionali. Come i farmaci hanno bisogno di validazione scientifica se usati in contesti assistenziali importanti: per questo sono sottoposti a ricerca clinica nell’ambito di studi clinici randomizzati (es. sensori o indumenti intelligenti che consentono ad esempio di tener traccia della salute dei neonati).

“In letteratura – ha spiegato Santoro – esistono ormai numerose prove di validità scientifica di questi strumenti. Il passaggio successivo sarà quello di capire come sfruttare questi strumenti dal punto di vista terapeutico. Si tratta di vere e proprie cure: software curativi, frutto di sperimentazioni cliniche randomizzate, oggi inquadrati come dispositivi medici”.

Tra gli esempi citabili:

  • EndeavorRx: è un videogico progettato per migliorare la funzione dell'attenzione dei bambini affetti da ADHD grazie alla componente cognitivo-comportamentale. È la prima terapia digitale destinata a migliorare i sintomi associati all'ADHD nonché il primo terapeutico basato su un gioco concesso dalla FDA per qualsiasi tipo di condizione.
  • reSET-O: agisce contro la dipendendnza da oppioidi; è la prima terapia digitale basata interamente su un software, approvata dalla Fda. Realizzata dalla start up Pear Therapeutics ha dimostrato di migliorare gli outcome clinici.

Il peso che stumenti di questo tipo sono destinati ad avere sempre di più nella gestione della salute traspare dalla revisione sistematica degli studi clinici realizzata un anno fa dal Mario Negri: il fronte su cui si concentra maggiormente la ricerca in questo settore è rappresentato dalle app e dai supporti web based; le aree di maggiore interesse sono la salute mentale e le malattie croniche.

Santoro 2

 

 

 Santoro 3

 

Per tutti – ha concluso il relatore - il percorso di sviluppo prevede gli stessi passaggi:

Santoro 4

 

Puntuali i take home message condivisi con i partecipanti alla round table:

 Santoro 5

Molti i punti di contatto con l’intervento del secondo relatore, Giuseppe Recchia, dotato di esperienza ultratrentennale nel parterre di Big Pharma e co fondatore e CEO di daVinci Digital Therapeutics, che a inizio anno ha annunciato l’avvio di una collaborazione con Polifarma e daVi DigitalMedicine per lo sviluppo e la commercializzazione di Digital Drug Supports e di Digital Therapeutics di prescrizione medica associati o combinati con farmaci, con il fine di migliorare la gestione ed il trattamento delle malattie croniche

Recchia ha per prima cosa acceso i riflettori sulla necessità di riportare in primo piano la malattia cronica: “Nel post-Covid tornerà ad essere la vera priorità - ha detto - . E per trattare al meglio la malattia cronica non basta il farmaco. Sui determinanti di salute i comportamenti della popolazione incidono per il 40%: per questo servono informazione, comunicazione, monitoraggio”.

 

Recchia 1

 

“Per introdurre la medicina digitale non è sufficiente fare prodotti: oggi non verrebbero usati da nessuno. È Inutile produrre treni se non ci sono i binari”, ha proseguito Recchia, illustrando l’esperienza della propria azienda.

“Siamo partiti da due aree patologiche: ipertensione arteriosa e insonnia cronica. Nel campo dell’ipertensione la via dell'innovazione tradizionale passa per l’individuazione di nuovi recettori ma è quasi impossibile dimostrarne i maggiori benefici rispetto all’esistente a meno di non ricorrere alla ricerca genetica, come per i pazienti con malattie rare. L’alternativa è quella di coniugare al farmaco il digitale”.

Quattro le possibili strade: il Farmaco Plug-in (azioni di supporto dell’intervento terapeutico basato sul farmaco, per recuperare il debito di efficacia tra mondo artificiale e mondo reale); le digital Therapeutics (che abbinano principio attivo digitale e terapia comportamentale e determinano spese per milioni di euro); i digital self-management education supports- DSMES (es. formazione e supporto a pazienti diabetici, risultati capaci di ridurre l’emoglobina glicata): gli strumenti di digital monitoring.

“Noi abbiamo scelto di puntare sulla ricerca e sviluppo di un candidato dispositivo medico digitale associato al prodotto farmaceutico antipertensivo Quark basato su una app per smartphone, tablet o PC con finalità di digital monitoring, self management educational support e digital drug support - ha proseguito Recchia - . Uno strumento che ha come duplice obiettivo quello di migliorare la gestione arteriosa da parte del paziente e aumentare l’efficacia terapeutica del farmaco nell’uso in condizioni di real life”.

Pragmatico l’orientamento in merito alle sfide aperte nel panorama nazionale dal punto di vista regolatorio: “Bisogna prendere atto che la competenza digitale in Italia è ben al di sotto della media Ue. Prima di avere una normativa simile a quella statunitense o tedesca passeranno vent’anni – ha commentato Recchia -. Stavamo sprecando tempo e risorse ragionando su norme e leggi. L’unica cosa è mettere il SSN davanti al fatto compiuto. Dati espliciti e importanti non possono essere contestati. È difficile dire 'no' al rimborso se ci sono robusti dati di efficacia”.

Fondamentale ancora una volta puntare sulle cronicità: “Gran parte dell’innovazione terapeutica è destinata a numero basissimo pazienti – ha proseguito Recchia -. Invece gran parte delle sofferenze della popolazione deriva da malattie croniche. Migliorare l’assistenza è possibile unendo al farmaco la digital theapeutics. Va fatta la ricerca per capire cosa vogliamo mettere nel dispositivo, quali funzioni vogliamo rendere disponibili al paziente perché il farmaco che assume ottenga il miglior risultato. Poi bisognerà fare la sperimentazione, ma non in ospedale: con trials clinici decentralizzati. Se non sarà possibile in Italia andremo all’estero”.

“Infine , come dice spesso AIFA, sarà mercato a premiarci – ha concluso-. Non necessariamente con il premium price ma magari con accordi esclusivi di commercializzazione. La sfida vera sarà quella di portare tutto questo all’interno della pratica clinica e fare formazione con il coinvolgimento delle società scientifiche”.