• STUDIO IQVIA
  • Biosimilari

I biosimilari offrono prezzi ex-factory inferiori e sconti maggiori rispetto agli originator: lo sconto medio praticato dagli originator è del 30%; quello dei biosimilari tocca quota 54%.

 

 

 

Il potenziale di concorrenzialità detenuto dai biologici off patent avrebbe determinato nel 2022 un risparmio pari a 1,6 miliardi di euro. L’effetto risparmio garantito al sistema dalla forte scontistica emerge in particolare dall’esame dei trend riferiti alle aree terapeutiche dove i biosimilari ottengono i maggiori successi, quella delle malattie autoimmuni e quella dell’oncologia. In particolare per quanto riguarda le malattie autoimmuni dal lancio del primo biosimilare il prezzo dei relativi prodotti è crollato del 78%. Conseguenza diretta di questo andamento: è aumentato il numero dei pazienti trattati a fronte del crollo del costo del trattamento e c’è stato anche un maggior accesso ai farmaci innovativi per i pazienti o le fasi di malattia che lo richiedevano.

A testimoniare gli effetti del “miracolo biosimilari” sui principali mercati europei è IQVIA che ha presentato i dati aggiornati del settore nel corso del webinar organizzato oggi in collaborazione con EGUALIA: sotto la lente le strategie per garantire la centralità del paziente, l’accesso alle cure e la sostenibilità del sistema nella fase post-pandemica caratterizzata anche da un contesto macro-economico particolarmente instabile.

I dati IQVIA

Dai dati illustrati da IQVIA – riferiti ai cinque principali mercati europei (Spagna, Regno Unito, Francia, Italia e Germania) – emerge che Germania e Regno Unito hanno i mercati biosimilari più grandi a valori (1,8 miliardi in entrambi nel 2022) contro 1,6 miliardi in Italia, 1,4 in Francia e 1,1 miliardi in Spagna, Paesi questi ultimi due dove si registra la crescita maggiore. Mentre è l’Italia a registrare la maggior penetrazione, con i biosimilari che assorbono il 55% del mercato dei biologici, risultato probabilmente favorito dalla distribuzione principalmente ospedaliera e in DPC (62%), rispetto alla distribuzione retail prevalente negli altri Paesi

Complessivamente negli ultimi 5 anni il mercato dei biosimilari è cresciuto a valori del 29%: a volumi l’Italia resta il mercato più ampio in Europa, con un tasso di penetrazione dei prodotti del 73%. Ovunque le aree di maggior rilievo sono l’immunologia e l’oncologia

Alla base del dimensionamento le politiche adottate nei diversi Paesi, ma soprattutto l’effetto concorrenziale determinato dall’ingresso sul mercato dei biologici fuori brevetto che ha ridotto notevolmente il valore medio del mercato: in Italia, nel 2018, i biosimilari rappresentavano il 20% del mercato dei biologici; nel 2022 il 53%. Sempre per il 2022 IQVIA stima che il risparmio garantito dai biosimilari ammonti a 1,6 miliardi. L’effetto risparmio e il concomitante ampliamento della platea dei pazienti trattati emerge dall’analisi del trend 2016-2023: i pazienti trattati sono aumentati del 138%, la spesa è aumentata solo del 43% a fronte di una diminuzione del costo medio delle cure del 40%.

Un andamento non “universale” – sottolinea IQVIA - poiché in molti casi la crescita del mercato dei biosimilari (85% per i pazienti autoimmuni) ha favorito principalmente i farmaci innovativi ma non ha aumentato in modo significativo il numero dei pazienti trattati con gli off patent.

Se il dato nazionale di penetrazione dei biosimilari nella maggior parte delle Regioni è superiore all’80% (85% la media Italia), si registrano ampie aree di possibile miglioramento un po’ in tutte le aree del Paese: le Regioni dove il tasso di penetrazione è più basso (sotto l’80%) Lombardia, Abruzzo, Molise, Marche, Campania. Fanalino di coda la Calabria (42%).

Le politiche regionali

Molte variazioni da Regione a Regione sembrano per lo più dettate da protocolli o linee guida che tendono a privilegiare soprattutto logiche di risparmio più che l’accesso dei pazienti alle cure più adeguate. Diversificate le motivazioni nell’analisi dei partecipanti alla tavola rotonda seguita alla presentazione dei dati.

«Lavoriamo ogni giorno per l’obiettivo di sposare le risorse risparmiate con i biosimilari sui prodotti innovativi», ha confermato Adriano Leli, direttore generale Intercent-ER, centrale d’acquisto di una regione virtuosa sul tema dei biosimilari quale è l’Emilia Romagna, suggerendo la ricetta di «politiche regionali che coinvolgano i clinici e gli stessi pazienti».

«I biologici hanno rappresentato una rivoluzione nell’area reumatologica, modificando la prognosi per gran parte dei pazienti. I biosimilari hanno favorito una drastica riduzione dei prezzi liberando risorse che dovevano essere destinate ad agevolare l’accesso ai farmaci innovativi – ha osservato Roberto Gerli – docente di Reumatologia Università di Perugia - . Alcune Regioni hanno sfruttato di più questa opportunità. I qualche caso queste discrepanze possono essere giustificate dalla carenza di specialisti prescrittori con competenze specifiche, capaci di garantire l’appropriatezza prescrittiva di questi prodotti».

«I farmacisti ospedalieri sono da tempo impegnati nel sottolineare efficacia e sicurezza dei biosimilari, un dato ormai acquisiti dopo anni di pratia clinica – ha detto Marcello Pani, Segretario Nazionale SIFO e direttore della Farmacia e Logistica del Policlinico Gemelli di Roma - . L’importante è riuscire a garantire attraverso le gare farmaci efficaci e sicuri a clinici e pazienti. Le gare basate sull’Accordo quadro consentono di tutelare tutti i pazienti e di avere a disposizione tutti i prodotti alterativi tra loro, offrendo una garanzia anche in risposta ad eventuali carenze o indisponibilità. Va tuttavia garantito anche il rispetto delle indicazioni d’uso che non sempre si sovrappongono a quelle degli originator».

A illustrare le criticità e i malesseri del comparto dei produttori Michele Uda, Direttore Generale EGUALIA: «Nel nostro Paese i biosimilari rappresentano una storia di successo soprattutto perché hanno mantenuto la loro promessa d’esordio: liberare risorse e ampliare la platea dei pazienti per l’accesso alla terapia. Il punto oggi è ragionare su quanto è sostenibile in prospettiva questo sistema. Il problema è la governance – ha detto -. I dati di IQVIA testimoniano che le risorse sono state e si stanno liberando ma non sempre l’accesso alle cure è davvero aumentato. L’Italia resta un Paese con basso accesso alle terapie da parte dei pazienti candidabili al trattamento con farmaci biologici». «La legge sull’Accordo quadro per l’acquisto i gara dei biosimilari si basa su due principi guida: mantenere il decisore clinico al centro di qualsiasi scelta e garantire l’accesso alle cure. La dove è stato interpretato correttamente ha funzionato. Non ha funzionato nelle realtà regionali dove invece di garantire la presenza di una pluralità di soggetti fornitori si è privilegiato il primo in graduatoria, anche quando non i sono apprezzabili differenze tra i diversi soggetti – ha proseguito Uda - . A oltre 10 anni dal varo della relativa normativa è il momento di verificare la sostenibilità di lungo periodo del sistema in pista. Ci sono aree terapeutiche di prossima scadenza brevettuale dove non ci sono biosimilari in sviluppo così come iniziano ad emergere qualche tema di carenze. La concorrenza all’estremo ha avuto un effetto rebound, e le imprese cominciano ad avere delle difficoltà nel continuare a garantire le performance descritte dai dati IQVIA. Senza biosimilari disponibili è impossibile avviare il percorso virtuoso della concorrenza».

La richiesta da parte delle imprese alle Regioni? «Recuperare la dimensione del dialogo con società scientifiche e associazioni dei pazienti e adottare un approccio più maturo e olistico, avendo presente il quadro complessivo. Laddove i primi biosimilari classificati in gara sono i tre utilizzabili le limitazioni attive i molte Regioni non anno senso».

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I DATI DELLO STUDIO IQVIA SUI BIOSIMILARI

 

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Foto: Enrique Hoyos su Pexels