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Criticità legate ai costi di produzione e sviluppo e a vincoli burocratici limiteranno la futura disponibilità di farmaci biosimilari in Europa, portando al rischio di mancati risparmi per almeno 15 miliardi di euro.

 

 

 

La concorrenza dei biosimilari in Europa ha svolto un ruolo fondamentale sul fronte dei risparmi per i servizi sanitari e dell’ampliamento della platea dei pazienti che accedono ai farmaci chiave ma c’è il rischio che tali vantaggi possano non riproporsi in futuro. Le criticità legate ai costi di sviluppo e ai vincoli burocratici potrebbero determinare nei prossimi anni mancati risparmi per circa 15 milioni di euro, circa il 25% delle opportunità totali rese disponibili da scadenze brevettuali certe.

A lanciare l’allarme su un possibile “vuoto biosimilare” è IQVIA che - in un rapporto appena pubblicato (Assessing the Biosimilar Void) - prende in esame il gruppo di farmaci biologici che perderanno la protezione brevettuale nei prossimi 10 anni, tenendo presente la tempistica media di sviluppo per i nuovi candidati biosimilari (~7-10 anni).

Entro la fine del 2032 – segnala IQVIA - perderanno l’esclusività 110 biologici per un valore di mercato complessivo di circa 30 miliardi di euro. È un valore otto volte superiore rispetto al periodo 2012-2014 dovuto al valore e alla natura dei prodotti in scadenza: pembrolizumab (Keytruda), daratumumab (Darzalex) e nivolumab (Opdivo), per fare qualche esempio. Ma dei 26 prodotti a maggior mercato destinati a perdere del brevetto nei prossimi 10 anni, quasi uno su tre (27%) non ha ancora un candidato biosimilare in cantiere, per un totale di circa 8 miliardi di euro di opportunità mancate per i pagatori.

Alla base del fenomeno i costi e i tempi necessari per immettere sul mercato un medicinale biosimilare, che limitano sempre più la capacità delle imprese di sviluppare e lanciare nuovi prodotti, aumentando il tempo necessario per l’approvazione e la produzione dei farmaci biosimilari nel lungo termine.

I dati sono ancora più critici se riferiti alla categoria dei prodotti a “bassa vendita”, ovvero quelli che si prevede raggiungeranno meno di 500 milioni di euro di vendite annuali in Europa al momento della scadenza (il 76% dei prodotti biologici con brevetto in scadenza entro il 2023): solo il 7% sarà oggetto di concorrenza nei prossimi 10 anni, con una mancata opportunità di minore spesa pari a circa 7 miliardi di euro. Stessa previsione per l’evoluzione del mercato dei farmaci orfani: solo un farmaco biologico orfano (eculizumab) ha finora attratto lo sviluppo di biosimilari, meno del 3% dell’intera coorte.

Conseguenze inevitabili in questo scenario: meno prodotti in circolazione e minori possibilità di generare economie di spesa allargando l’accesso a queste cure per i pazienti. Queste le indicazioni di policy di IQVIA per contrastare i rischi del “vuoto biosimilare”:

  • Horizon scanning: per una valutazione dettagliata dei cluster di prodotti biologici a rischio di concorrenza limitata o assente sia a livello europeo che mondiale;
  • Razionalizzazione degli studi di efficacia senza compromettere la dimostrazione di biosimilarità, riducendo i costi e abbreviando le tempistiche di sviluppo;
  • Allineamento delle Linee guida e convergenza normativa per lo sviluppo e l’autorizzazione all’immissione in commercio;
  • Programmi di incentivazione indirizzati ai medici;
  • Nuovi meccanismi di acquisto pubblico per assicurare concorrenza e sostenibilità del mercato.

«Il rapporto IQVIA fornisce un’analisi completa di ciò che è necessario fare per sostenere lo sviluppo e la concorrenza dei medicinali biosimilari fino al 2032 da parte delle istituzioni europee, dell’EMA, dell’HMA e degli Stati membri dell’UE - sottolinea Julie Marechal-Jamil (Medicines for Europe) -. Dobbiamo dare il via ad un percorso di dialogo multilaterale che garantisca un maggiore sviluppo e accesso ai farmaci biosimilari, man mano che aumenta la domanda di farmaci biologici da parte dei pazienti. Questo rapporto identifica molte carenze nelle politiche indirizzate ai biosimilari che devono essere affrontate ora per garantire l’accesso ai farmaci in futuro».

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Foto: Anthony Macajone su Pexels