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Legalizzare la produzione di generici e biosimilari durante il periodo di vigenza del certificato di protezione supplementare europeo del brevetto (Supplementary Protection Cerificate-SPC) per l’esportazione nei Paesi terzi dove esso non esiste o è già scaduto e consentire lo stoccaggio del prodotto negli ultimi due anni di vigenza del SPC per essere pronti a lanciarlo anche sul mercato interno il primo giorno utile dopo la scadenza (day -1 launch). È con queste due armi di pregio che il Parlamento europeo è intenzionato a dare l’ultima spallata ai paletti che frenano la competitività delle aziende farmaceutiche con sede nell'UE, rispetto agli altri protagonisti del settore off patent a livello mondiale.

Le misure sono contenute nel testo del Regolamento sulla Supplementary Protection Cerificate (SPC) manufacturing waiver approvato ieri dalla Commissione giuridica del PE con una sorta di plebiscito - 22 voti favorevoli e 1 contrario - e con il mandato ad avviare i negoziati trilaterali con Consiglio e Commissione. L’intenzione è quella di concludere i lavori nel Trilogo entro il mese di febbraio e arrivare all’approvazione finale, in plenaria, nel mese di marzo.

Un passaggio cruciale e un importantissimo passo avanti rispetto alla versione licenziata appena una settimana fa dal Consiglio.

“I parlamentari europei sono convinti che queste misure riaffermeranno l’attrattiva dell'UE come hub globale per gli investimenti nella ricerca farmaceutica innovativa, riducendo al contempo i costi e migliorando l'accesso ai medicinali generici e biosimilari all'interno dell'UE”, spiega il comunicato diffuso ieri dalla Commissione Giuridica del PE.

Attualmente, il Supplementary Protection Cerificate (SPC) estende fino a ulteriori 5 anni la durata già ventennale dei brevetti farmaceutici europei, per consentire il recupero del tempo intercorso tra il deposito della domanda e l’ottenimento dell’AIC dei prodotti, creando - secondo la Commissione Juri - “barrriere legali non intenzionali per i produttori di generici e biosimilari con sede nell'UE, ponendoli in una posizione di svantaggio rispetto alle aziende extra-Ue non soggette a tali restrizioni”.

E sono i dati a delineare l’entità dei danni che deriverebbero dalla delocalizzazione forzata cui sarebbero sottoposte le aziende per competere alla pari: “I mercati farmaceutici globali stanno subendo profondi cambiamenti e si stanno spostando verso una maggiore quota di mercato per i farmaci generici e biosimilari, con una domanda globale che raggiunge 1,1 trilioni di euro nel 2017. Con un tasso di crescita annuale del 6,9% entro il 2020, biosimilari e generici sono proiettati per rappresentare l'80% di tutte le medicine in volume e il 28% in valore”.

Quanto basta per motivare l’introduzione delle deroghe all’SPC approvate ieri che, in sintesi, consentono ai produttori di:

fabbricare legalmente un prodotto per l'esportazione in paesi terzi durante il periodo di vigenza dell’SPC;

  • immagazzinare il prodotto negli ultimi 2 anni del periodo di vigenza dell’SPC, consentendo così il lancio sul mercato UE il giorno successivo alla scadenza dello stesso (day-1 launch);
  • utilizzare le suddette deroghe su qualsiasi SPC il cui brevetto di base scada dal gennaio 2021.

Il testo approvato include infine forti salvaguardie per garantire la protezione della proprietà intellettuale nell'UE e aumentare la trasparenza, prevendendo tra l’altro:

  • una procedura di notifica per avvisare le autorità competenti e i titolari di certificati due mesi prima dell'avvio della produzione;
  • l’obbligo di una etichettatura ad hoc per i prodotti destinati all’esportazione, per garantire che il prodotto non sia dirottato verso il mercato UE;
  • l’obbligo di diligenza del fabbricante di informare tutta la propria catena distributiva che il prodotto rientra nella deroga ed è dunque destinato all’export e / o al day-1 launch.

"Siamo felici che la relazione sia stata accolta da tutti i gruppi con un sostegno così schiacciante - ha commentato il relatore, lo spagnolo Luis de Grandes Pascual (PPE, ES) - il nostro obiettivo era trovare una proposta equilibrata che risultasse utile sia ai produttori di farmaci generici che agli innovatori dell’Unione: si tratta di un passo importante per consolidare il ruolo dell'UE nella produzione farmaceutica e nell'innovazione".

Altro

Passo avanti in Europa nell’iter legislativo per l’approvazione della Supplementary Protection Cerificate (SPC) manufacturing waiver, la riforma del certificato supplementare di protezione (SPC) dei brevetti farmaceutici che consentirebbe alle aziende italiane di competere alla pari con gli altri protagonisti del settore off patent a livello mondiale. Nella seduta di ieri, infatti, il Coreper – il comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea, ovvero l’organo che prepara le determinazioni del Consiglio – ha raggiunto una posizione di compromesso sulla bozza di Regolamento che introduce una deroga al certificato di protezione complementare ai soli fini dell’export (SPC Waiver).

La normativa consentirebbe cioè ai produttori di generici e biosimilari con sede nell'UE di produrre una versione generica o biosimilare di un medicinale ancora protetto da SPC esclusivamente allo scopo di esportare in un mercato extra-UE dove la protezione è scaduta o non è mai esistita.
Attualmente, invece, il Supplementary Protection Cerificate (SPC) estende fino a ulteriori 5 anni la durata già ventennale dei brevetti farmaceutici europei, per consentire il recupero del tempo intercorso tra il deposito della domanda e l’ottenimento dell’AIC dei prodotti, impedendo qualunque attività produttiva ai fini dell’export. La conseguenza è che le aziende europee sono così esposte ad una pesante concorrenza da parte dei produttori extra-Ue, non soggetti ad analoghe restrizioni, e costrette a delocalizzare gli impianti stringendo accordi vincolati con i Paesi ospiti.

Secondo quanto previsto dalla bozza di Regolamento concordata ieri, la deroga per l’export dovrebbe dunque essere concessa quando:

• generici e biosimilari sono prodotti esclusivamente per l'esportazione verso Paesi terzi in cui la protezione del medicinale originale non esiste o è scaduta;

• il produttore ha fornito almeno tre mesi le informazioni richieste dal Regolamento sia alle autorità dello Stato membro di produzione sia al titolare dell'SPC;

• il fabbricante ha debitamente informato tutti coloro che sono coinvolti nella commercializzazione del prodotto del fatto che il prodotto può essere immesso sul mercato solo al di fuori dell'UE;

• il produttore ha apposto sulla confezione del prodotto il logo specifico previsto dal Regolamento, indicando chiaramente che è solo per l'esportazione.

Nei primi tre anni di entrata in vigore della normativa però la deroga potrà essere richiesta solo per i nuovi SPC, ovvero quelli richiesti a partire dalla data di entrata in vigore del Regolamento, successivamente potrà essere estesa anche a quelli di più vecchia data ma divenuti efficaci dopo l'entrata in vigore del Regolamento.

A rimanere in sospeso è ancora la questione dell’on Day-1 Launch, contenuta nelle proposte emendative avanzate dall’ENVI, il Comitato per la salute del Parlamento Europeo: ovvero la possibilità per le aziende di produrre e stoccare i lotti prodotti in presenza di SPC nei propri magazzini per venderli nei paesi UE dal giorno successivo alla scadenza dell’SPC (Day-1 entry).

A fronte delle aspettative circa l’introduzione del Day-1 launch da parte del Parlamento Europeo, la mancanza di questa previsione sarebbe dannosa per le imprese, in particolare le PMI e per i pazienti europei, che sembra potranno però contare sul parere favorevole che Italia, Francia, Germania e Spagna sarebbero orientate a esprimere in modo compatto all’avvio dei negoziati con il Parlamento europeo nella procedura del Trilogo che la presidenza rumena sembra intenzionata ad attivare in tempi stretti per arrivare all’adozione del testo in prima lettura.

“Il progetto di Regolamento – ha sottolineato ieri il comunicato del Consiglio - dovrebbe contribuire alla competitività dell'Europa come centro per la ricerca e lo sviluppo nel settore farmaceutico. Aiuterà le nuove aziende farmaceutiche ad avviarsi e ad espandersi in aree ad alta crescita, generando nei prossimi 10 anni, un fatturato annuo netto aggiuntivo superiore a 1 miliardo di euro, che potrebbe tradursi nello stesso arco di tempo in 20.000-25.000 nuovi posti di lavoro”

RASSEGNA

https://fidest.wordpress.com/2019/01/22/farmaci-generici-e-biosimilari-un-passo-avanti-dellue-verso-la-deroga-alla-produzione-per-lexport/

 

 

 

Altro

Salutiamo la riforma del sistema del pay back, introdotta con la legge di bilancio che, dopo molti anni di riflessioni, va incontro alle esigenze di tutela delle PMI farmaceutiche.
Con questa scelta il Governo ha ascoltato la richiesta di maggiore equità proveniente dal nostro comparto; avevamo infatti manifestato le nostre preoccupazioni sull’ipotesi di eliminazione delle clausole di salvaguardia previste dalla normativa vigente sulla partecipazione al ripiano da parte di equivalenti e biosimilari allo sfondamento dei farmaci innovativi e dei farmaci orfani.

L’esclusione delle aziende del nostro comparto dal ripiano dell’extra-tetto dei farmaci innovativi e l’introduzione di una “franchigia” che tutela le PMI sotto i 3 milioni di euro di fatturato dimostra la volontà di ascolto e dialogo da parte del Governo.

Dobbiamo peraltro registrare il permanere di criticità sullo sforamento derivate dall’acquisto dei farmaci orfani da registro comunitario che non sono dotati di risorse dedicate e la cui extra-spesa continuerebbe comunque a gravare sull’intero comparto. Servirebbe aprire un dibattito serio su forme alternative di finanziamento per questa categoria di farmaci ad alto impatto sociale, recuperando ad esempio la richiesta avanzata da tutte le imprese di destinare alla copertura dei nuovi bisogni tutte le risorse disponibili nei tetti di spesa.

Ci auguriamo che il dialogo costruttivo permanga anche in sede di attuazione delle misure ipotizzate nel documento della Salute sulla nuova governance farmaceutica, sperando che anche su questo sia possibile un franco dialogo che consenta di considerare in modo equilibrato l’evoluzione delle diverse componenti della spesa di settore.

Altro

Da gennaio a settembre i farmaci equivalenti hanno assorbito il 22% dei consumi in farmacia, mentre i biosimilari hanno conquistato il 14% del mercato di riferimento. A confermare il trend a tutta crescita delle cure off patent nel nostro Paese il report sull’andamento del mercato nei primi nove mesi del 2018 nei report realizzati dall’Ufficio studi Assogenerici-IBG.

IL MERCATO DEGLI EQUIVALENTI NEI PRIMI 9 MESI DEL 2018

Tra gennaio e settembre 2018 i farmaci equivalenti hanno rappresentato il 22,1% del totale del mercato farmaceutico a volumi nel canale farmacia e il 13,5% a valori, per un totale di 1,88 miliardi in prezzi ex factory, facendo registrare una performance positiva rispetto ai primi nove mesi del 2017 (tutte le classi), del 2,8% a unità e del 9,7% a valori, a fronte di un rallentamento del mercato farmaceutico complessivo (-0,5% a unità, -1,4% a valori) determinato dall’arretramento dei brand a brevetto scaduto (-1,4% a unità e -3,2% a valori).

Il giro d’affari del comparto si conferma concentrato essenzialmente in classe A per un totale di 1.48 miliardi che rappresentano il 78,8% del totale della spesa per farmaci generici (l’89,5% a confezioni).

Entrando nel dettaglio dei consumi in classe A nel canale farmacia, nel periodo gennaio-settembre 2018 si registra una flessione del -1% del numero di confezioni rimborsate dal SSN rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con una conseguente contrazione della spesa netta rimborsata del 4%.
In particolare si registra una flessione dei consumi relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto o privi di generico: - 13,5% a unità e -16,8% a valori rispetto ai primi nove mesi del 2017. In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto, in particolare quello degli equivalenti che rappresentano il 29,6% delle confezioni di Classe A (+ 3,4% rispetto al gennaio-settembre 2017) e il 22,4% della spesa di classe A (+ 8,5%).

Per quanto riguarda l’analisi dei consumi per area geografica, il consumo degli equivalenti di classe A si concentra soprattutto al Nord (36,7% a unità; 27,5% a valori), mentre restano distanziati il Centro (27,1%; 20,7%) e il Sud Italia (21,8%; 16,5%). A guidare la classifica dei consumi di equivalenti è la Provincia Autonoma di Trento, con il 42,7 sul totale delle unità dispensate SSN nel periodo gennaio-settembre. Trento con L’Emilia Romagna sono anche i due territori dove si registra la più alta incidenza di consumi complessivi di farmaci off patent (generici e branded a brevetto scaduto) - l’83,4% - a carico del Ssn. Secondo territorio a maggior consumo di equivalenti la Lombardia (38,9%), seguita da Emilia Romagna (36,6%), Friuli Venezia Giulia (36,3%) e Valle d’Aosta (35,3%). Fanalino di coda Calabria (19,8%), Basilicata (20,1%), Campania e Sicilia (21,3% a pari merito).

Per quanto riguarda il mercato ospedaliero gli equivalenti in classe A e H assorbono il 26,8% dei consumi a volumi e il 6,1% a valori. A dominare il mercato ospedaliero sono i brand a brevetto scaduto che quotano il 39,1% dei consumi a volumi e il 5,1% a valori, mentre ai farmaci esclusivi (protetto o senza generici corrispondente) resta il 34,2% dei consumi a volumi che valgono però il 92,8% della spesa farmaceutica pubblica ospedaliera.

IL MERCATO DEI BIOSIMILARI NEI PRIMI NOVE MESI DEL 2018

Nei primi nove mesi del 2018 le 10 molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano - Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Etanercept, Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro, per un totale di 45 prodotti - hanno assorbito il 14% dei consumi nazionali contro l’86% detenuto dai corrispondenti originator.

Su base annua il pool dei biosimilari presenti sul mercato nazionale ha fatto registrare una crescita complessiva del 51,1% rispetto ai primi nove mesi del 2017, calcolata al netto delle new entry, ovvero le nuove molecole biosimilari lanciate sul mercato solo da giugno 2017 (Enoxaparina e Insulina Lispro), a fronte di una contrazione dei biologici originator dell’8,8%. Il dato dirompente è legato all’esordio sul mercato del Rituximab biosimilare (lanciato proprio nel settembre 2017) che nel giro di un anno ha assorbito il 48,16% del mercato nazionale della molecola.

Titolari del “sorpasso” rispetto al biologico originatore restano invece altre tre molecole ad altissima penetrazione nel mercato: il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio assorbono il 95% del mercato a volumi (90% a valori, a prezzo medio), le Epoetine (77% del relativo mercato a volumi e 64% a valori) e l’Infliximab (72% del mercato a volumi; 57% a valori).
Da segnalare tra gli “inseguitori” il Rituximab, la cui versione biosimilare in commercio dal luglio 2017 concentra il 48% dei consumi a unità e il 31% a valori.

Diversificato ma comunque in crescita il quadro dei consumi a livello regionale. A registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte: in entrambe quotano il 43,74% del mercato sul mercato complessivo di riferimento e addirittura l’81,63% del mercato riferito all’insieme delle cinque molecole in commercio da almeno 3 anni (Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Infliximab, Follitropina Alfa).
Lo stesso pool di molecole di più antica commercializzazione ottiene consensi di rilievo praticamente in tutte le Regioni (Liguria, 76,37; Toscana, 76,16%; Trentino 73,65%; Sardegna 70,85%; Sicilia, 64,92%; Veneto 64,27%; Emilia Romagna, 63,89%). Fanalini di coda Abruzzo (47,33%) e Calabria (16,71%).

La classifica varia ampliando l’analisi a tutti i biosimilari in commercio: tolto il già citato primato il Piemonte e Valle d’Aosta, seguono in classifica Sicilia (20,62% del mercato complessivo), Basilicata (15,14%), Friuli Venenzia Giulia (14,69%), Toscana (14,26%). Tutte le altre Regioni risultano al di sotto della media nazionale.

 

Il mercato italiano dei farmaci generici: dati gennaio-settembre 2018

Il mercato italiano dei farmaci biosimilari: dati gennaio-settembre 2018

 

RASSEGNA

Notiziario Chimico farmaceutico

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Roma 11 novembre 2018 – “Accogliamo con grande attenzione il documento di programmazione della nuova governance farmaceutica presentato oggi dal ministro della Salute, Giulia Grillo e da una rappresentanza degli esperti che hanno contribuito alla sua stesura e apprezziamo l’esplicito e reiterato riferimento ai farmaci equivalenti e ai biosimilari che hanno storicamente avuto il merito di ampliare l’accesso alle terapie stimolando la concorrenza all’interno del mercato farmaceutico.  Ci auguriamo tuttavia che l’annunciata revisione del Prontuario terapeutico e riallocazione delle risorse non si traduca invece in un impoverimento complessivo delle potenzialità di cura garantite ai cittadini, privilegiando una spirale al ribasso che avrebbe come unico effetto quello di schiacciare la concorrenza”.

Ad affermarlo è il presidente Assogenerici, Enrique Häusermann, che avverte: “Abbiamo più volte chiesto - e con noi anche altri stakeholders sia tra i pazienti che tra gli operatori sanitari - che le risorse liberate grazie alla concorrenza generata da equivalenti e biosimilari fossero interamente reinvestite nel capitolo della farmaceutica, contribuendo così a rendere sostenibile l’accesso alle terapie più innovative. Nel documento presentato non c’è traccia di questo criterio e anzi le dichiarazioni rese pubblicamente oggi erano decisamente di segno opposto”.

“Nel corso della conferenza stampa odierna è stata più volte ribadita l’intenzione di aprire un confronto con tutti gli stakeholder, aziende comprese - prosegue Hausermann – e ci auguriamo che questo confronto possa essere avviato al più presto perché sia possibile condividere e dare il giusto peso a tutti i fattori in gioco: dalla necessità di percorsi terapeutici efficienti ed economicamente sostenibili alla necessità di dare supporto e slancio alla ricerca industriale”.

“Infine - conclude il presidente Assogenereici – spero che nessuno voglia trasformare i farmaci in commodities, tradendo l’obiettivo del mantenimento dei livelli di qualità della produzione attualmente assicurata dalle normative nazionali”.

Altro

“La riunione del Consiglio europeo per la Competitività – in programma domani e dopodomani a Bruxelles – è l’occasione buona perché il Governo italiano prenda finalmente posizione in merito alla riforma del certificato supplementare di protezione (SPC) dei brevetti farmaceutici. Ci auguriamo che i rappresentanti italiani vogliano e sappiano schierarsi con decisione su una scelta che non intacca in alcun modo le tutele brevettuali ma consente alle aziende italiane di competere alla pari con gli altri protagonisti del settore off patent a livello mondiale”. A dichiararlo è Enrique Häusermann, presidente Assogenerici, sottolineando le opportunità potenzialmente offerte dalla proposta di legge varata a fine maggio dalla Commissione Ue sul "Supplementary Protection Certificate (SPC) Manufacturing Waiver”.

Un intervento in materia è da lungo tempo sollecitato dai produttori europei di generici e biosimilari, oggi gravemente penalizzati dalla normativa vigente che estende fino a ulteriori 5 anni la durata già ventennale dei brevetti farmaceutici europei per consentire ai titolari del brevetto di recuperare il tempo intercorso tra il deposito del brevetto e l’ottenimento dell’AIC dei prodotti.

Durante tutto questo periodo le aziende produttrici di farmaci generici e biosimilari non possono produrre sul territorio europeo, neanche per esportare verso quei Paesi dove i diritti brevettuali sono già scaduti. Le aziende europee sono così esposte ad una pesante concorrenza da parte delle imprese che producono nei Paesi extra-Ue, dove non esistono analoghe restrizioni e per poter competere alla pari si trovano costrette a delocalizzare gli impianti stringendo accordi vincolati con i Paesi ospiti.

L’introduzione di una reale deroga all’SPC non altererebbe in alcun modo l’equilibrio brevettuale in ambito europeo, ma la proposta legislativa finalmente prodotta dalla Commissione Ue ha tradito tutte le ragionevoli aspettative, prevedendo dei paletti che di fatto renderebbero inutilizzabile la deroga per i produttori di off patent - specie per le piccole e medie imprese che già oggi, con l’attuale normativa, restano spesso tagliate fuori dalla competizione globale non possedendo le stesse capacità di delocalizzazione delle multinazionali - garantendo un forte vantaggio ai produttori extra UE e mettendo a rischio il primato raggiunto dal nostro Paese, divenuto primo produttore di farmaci in Europa (a valore).

“È a nostro avviso evidente che le pressioni esercitate da chi ha interessi acquisiti sui policymaker europei rischiano di annacquare e vanificare un corretto tentativo di sostenere l’industria farmaceutica europea incrementando i posti di lavoro nel settore”, afferma ancora Häusemann.

Le stesse preoccupazioni sembrano essere state condivise dal Comitato per la salute del Parlamento Europeo (Committee on the Environment, Public Health and Food Safety -
ENVI) che proprio ieri ha inviato alla Commissione giuridica le proprie proposte emendative alla legge in esame.

“Gli emendamenti proposti dall’ENVI – prosegue il presidente Assogenerici – mirano a consentire alle aziende di produrre e stoccare i lotti prodotti in presenza di SPC nei propri magazzini per venderli nei paesi UE dal giorno successivo alla scadenza del brevetto (Day-1 entry) e garanti e a proteggere le informazioni commerciali riservate nel contesto delle procedura di notifica di avvio della produzione. L’ENVI non è però intervenuto sulle modalità di entrata in vigore della deroga che – nella versione proposta dalla Commissione UE - scatterebbe solo per i nuovi SPC, palesando i propri effetti tra almeno 10 anni”.

“Ci auriamo che il Governo italiano si schieri al fianco degli altri Paesi grandi produttori del settore come la Germania e la Francia sollecitando anche una data di applicazione più ragionevole di queste misure – conclude Häusermann. – Perché deve essere chiaro a tutti che se l’Europa sceglierà di lasciare campo libero alla concorrenza delle aziende cinesi, indiane o statunitensi dovrà anche prepararsi a perdere oltre un miliardo di euro di ulteriori entrate annuali derivanti dall’esportazione e decine di migliaia di nuovi posti di lavoro altamente qualificati”.

RASSEGNA

Rassegna Stampa Comunicato 28 novembre 2018

AboutPharma

 

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Roma, 31 ottobre 2018 – Cambio ai vertici dell’Italian Biosimilars Group (IBG): Stefano Collatina, Hospital Products Business Unit Director di Baxter Italia, è il nuovo coordinatore dell’organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci biosimilari in Italia e ricoprirà anche la carica di vicepresidente Assogenerici con delega al comparto dei farmaci biosimilari.

Collatina che ha al suo attivo 30 anni di esperienza nel settore sanitario, sia in Italia che negli Stati Uniti, principalmente in aziende multinazionali, subentra a Manlio Florenzano, già Amministratore Delegato Sandoz Italia, la consociata italiana di Sandoz.
Florenzano - che ha guidato con successo la filiale italiana di Sandoz per oltre 13 anni - dal 1° novembre, sarà a capo dell’organizzazione Sandoz in Russia, una delle più importanti sedi della multinazionale per dimensioni organizzative e di mercato.
“A nome di tutti gli associati - ha dichiarato Enrique Häusermann, presidente di Assogenerici - ringrazio il dottor Florenzano per il grande impegno profuso in questi anni e auguro buon lavoro al dottor Collatina”.

RASSEGNA

NCF; iPharma

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Ricoprirà anche la carica di vicepresidente Assogenerici con delega al comparto dei farmaci biosimilari

Roma, 31 ottobre 2018 – Cambio ai vertici dell’Italian Biosimilars Group (IBG): Stefano Collatina, Hospital Products Business Unit Director di Baxter Italia, è il nuovo coordinatore dell’organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci biosimilari in Italia e ricoprirà anche la carica di vicepresidente Assogenerici con delega al comparto dei farmaci biosimilari.
Collatina che ha al suo attivo 30 anni di esperienza nel settore sanitario, sia in Italia che negli Stati Uniti, principalmente in aziende multinazionali, subentra a Manlio Florenzano, già Amministratore Delegato Sandoz Italia, la consociata italiana di Sandoz.
Florenzano - che ha guidato con successo la filiale italiana di Sandoz per oltre 13 anni - dal 1° novembre, sarà a capo dell’organizzazione Sandoz in Russia, una delle più importanti sedi della multinazionale per dimensioni organizzative e di mercato.
“A nome di tutti gli associati - ha dichiarato Enrique Häusermann, presidente di Assogenerici - ringrazio il dottor Florenzano per il grande impegno profuso in questi anni e auguro buon lavoro al dottor Collatina”.

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KPMG Hospital Reform: dieci mosse “giuste” per la spesa farmaceutica ospedaliera in otto Paesi UE

I risultati preliminari di uno studio sui meccanismi di fornitura in Belgio, Francia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna e Regno Unito presentati al MePAIE, a Cremona. Economie potenziali per 6-11 miliardi di euro negli 8 Paesi in esame.

Cremona, 19 ottobre 2018 –  Basterebbe una miscela di dieci ingredienti per potenziare l’utilizzo dei farmaci a brevetto scaduto in ambito ospedaliero in alcuni dei principali Paesi europei concretizzando una minore spesa stimata tra i 6 e gli 11 miliardi di euro. È quanto emerge dallo studio “Improving healthcare delivery in hospitals by optimized utilization of medicines” commissionato dall’associazione europea di settore, Medicines for Europe, alla società di consulenza internazionale KPMG.
I risultati preliminari dell’analisi – basati su una serie di assunzioni che non contemplano tutte le specificità nazionali sui prezzi di acquisto in gara – sono stati illustrati in anteprima oggi a Cremona da Daniela Poli (Manager, Healthcare, KPMG Advisory SpA) e Luc Starmans (Manager KPMG Health), in occasione di una tavola rotonda su “Politiche del farmaco e procedure d’acquisto” organizzata nell’ambito della IX edizione del congresso MePAIE, dedicato al Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione in Italia e in Europa.

Lo studio

Sotto la lente degli esperti il problema delle ristrettezze di budget che affligge indiscriminatamente i sistemi sanitari europei e un paio di dati altrettanto condivisi: in tutti i Paesi è l’ospedale ad assorbire la quota più elevata della spesa sanitaria e in tutti i Paesi esistono spazi concreti di ottimizzazione dell’uso dei farmaci in ambito ospedaliero.
Realizzata sulla base degli indicatori individuati dalle banche dati europee dell’European Health Consumer Index (EHC) e dell’OCSE, la ricerca mette a fuoco modelli di finanziamento, livelli di performance e meccanismi per l’approvvigionamento dei medicinali in ambito ospedaliero in 8 Paesi della Comunità. Nel campione, i cinque Paesi più popolosi – Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito - con in più Belgio, Polonia e Portogallo, scelti per le performance dei loro sistemi ospedalieri e/o per il grado di utilizzo di farmaci fuori brevetto all’interno delle strutture, tra i quali generici e biosimilari.

Obiettivo finale: suggerire ai Paesi la strada giusta per l’utilizzo ottimale di queste tipologie di farmaci, giudicate cruciali per il miglior utilizzo delle risorse e la sostenibilità dei singoli sistemi sanitari.

I risultati

La qualità delle prestazioni ospedaliere è stata valutata utilizzando 8 dei 46 indicatori adottati dall’EHC e 13 dei 76 adottati dall’OCSE per valutare outcome e accessibilità delle cure ospedaliere: ad assicurarsi il punteggio più alto il Belgio (27 punti su 42 rispetto agli indicatori disponibili – quality score), seguito da Francia (25) e Portogallo (24), a fronte di un punteggio medio totale di qualità delle cure ospedaliere negli otto Paesi esaminati pari a 21.
L’analisi sui costi – realizzata sui dati di spesa OCSE 2015 - vede invece prima in classifica la Francia con una incidenza dei costi ospedalieri pari al 4,5% del PIL, seguita da Regno Unito e Italia a pari merito (4,1%), a fronte di una incidenza media negli 8 Paesi in esame del 3,7%. Sotto media (3,3%) la Germania, mentre è in coda alla classifica la Polonia, che registra una incidenza dei costi ospedalieri sul PIL pari al 2,3% e riscuote anche punteggi relativamente bassi sugli indicatori di qualità rispetto agli altri sette Paesi in esame.
Tenendo conto sia della qualità che dei costi, è il sistema ospedaliero belga ad ottenere la valutazione migliore - qualità sufficientemente elevata con costi ragionevoli - seguito da Portogallo e Germania.
Performance decisamente più scadente per il Regno Unito, afflitto da costi relativamente elevati del sistema ospedaliero (il secondo più alto degli otto Paesi studiati) e un punteggio decisamente basso, legato in particolare alla scarsa accessibilità delle cure ospedaliere.

Le barriere

“La qualità dell’ospedale è solo parzialmente misurabile con gli indicatori disponibili pertanto, i risultati di questa analisi comparativa dovrebbero essere considerati come un’indicazione delle prestazioni ospedaliere relative, piuttosto che una misura esatta delle prestazioni degli otto sistemi ospedalieri”, avvertono a questo punto gli esperti KPMG (la scelta degli indicatori influenza la performance dei singoli Paesi). Che invece non hanno difficoltà ad analizzare - Paese per Paese - le barriere al miglior accesso di generici e biosimilari all’interno delle strutture. Eccole in sintesi:


• Belgio. La bassa penetrazione dei generici nel mercato ospedaliero belga viene attribuita all’assenza di scelte politica sanitaria a lungo termine che ne incentivino l’utilizzo, ai meccanismi di gara che vedono la competizione diretta sul prezzo con gli originatori off-patent e la presenza di criteri di aggiudicazione aggiuntivi, non correlati al prezzo, che finiscono con il favorire gli originator (es. distanza dell’impianto di produzione, velocità di consegna, confezioni monodose) e all’esiguità dei volumi vista la possibilità di indire gare per singolo ospedale. Trend che - segnala lo studio - potrebbero portare all’erosione dei prezzi dei generici e al rischio di carenze di farmaci determinate dalla scelta dei produttori non mantenere scorte di emergenza disponibili. Per i biosimilari invece la barriera è dovuta fondamentalmente dalla scarsa conoscenza dei prodotti da parte di medici e farmacisti e dall’assenza di incentivi al loro utilizzo.
• Francia. Tra gli ostacoli principali all’utilizzo dei generici figurano la scarsità delle categorie terapeutiche per le quali è prevista la sostituibilità e il tempo medio d’attesa per l’ammissione al rimborso (10 mesi; tra i più lunghi nell’UE). Per i biosimilari invece gli ostacoli principali sono rappresentati dall’assenza di linee guida prescrittive; dall’assenza di clausole di garanzia per la riapertura automatica della gara al primo ingresso sul mercato del biosimilare; dalle complessive lungaggini del meccanismo degli appalti che rende poco appetibile il mercato ospedaliero per i produttori di biosimilari.
• Germania. Paradossalmente la principale barriera è costituita dal sistema di acquisto basato unicamente sul prezzo più basso, che produce una pressione costante sulla variabile prezzo, col conseguente rischio di riduzione dei fornitori e dunque della concorrenza. Sotto accusa anche le sanzioni per mancata fornitura (considerate eccessive perché basate sul prezzo di listino) e - per i pazienti non in ricovero - il meccanismo di rimborso strutture sanitarie basato su sconti standard sul prezzo di listino, che disincentiva l’uso dei biosimilari da parte degli ospedali.
• Italia. Le differenze di penetrazione dei generici nei mercati regionali – causate soprattutto da fattori culturali - sono decisamente meno evidenti in ambito ospedaliero. L’ostacolo principale in questo ambito rappresentato dalle procedure di gara condizionate da un meccanismo di appalto troppo lungo, burocratico e denso di incertezze (es. assenza di quantitativi minimi d’ordine). Altro fattore disincentivante il criterio di aggiudicazione al massimo ribasso, che ha determinato negli anni una costante erosione dei prezzi e una sempre minore partecipazione alle gare da parte delle imprese con aumento dei lotti deserti. Un potente disincentivo è rappresentato infine dall’imposizione a partire dal 2012 del pay back ospedaliero anche ai farmaci generici e biosimilari acquistati in gara.
• Polonia. La riduzione obbligatoria dei listini e la scontistica elevata imposta a generici e biosimilari riduce potenzialmente l’interesse dei produttori farmaceutici ad accedere al mercato ospedaliero polacco, anch’esso caratterizzato da sistemi di gara troppo farraginosi. Per quanto riguarda in particolare i biosimilari si registra la presenza di un numero limitato di aziende interessate ad operare nel Paese, probabilmente per l’assenza di linee guida per il passaggio al trattamento con i biosimilari (ne esiste una sola per l’infliximab) e per la limitatezza dei prontuari ospedalieri che generalmente garantiscono la disponibilità di un solo prodotto per classe terapeutica.
• Portogallo. Tre e pesantissime le barriere che condizionano il mercato della medicina generica e biosimilare portoghese. In primis la riduzione automatica del prezzo del generico o del biosimilare al diminuire del prezzo dell’originatore. Poi la procedura di aggiudicazione in due fasi entrambe incentrate sul prezzo: la prima a livello nazionale e la seconda a livello ospedaliero, in genere aggiudicate entrambe al prezzo più basso. Infine l’accordo sul pay back introdotto nel 2016 che grava anche su generici e biosimilari.
• Spagna. La prima barriera è rappresentata dal fatto che non esistono differenziazioni di prezzo di listino tra originatore e generici o biosimilari: entrambi figurano nelle liste di riferimento per ciascuna categoria terapeutica. Un ostacolo in particolare per i biosimilari è rappresentato dal fatto che il processo di determinazione di prezzi e rimborsi è simile a quello previsto per i farmaci generici, comprese le riduzioni di prezzo automatiche all’entrata nel mercato. Inoltre non esistono quote di consumo prefissate ed è vietata la prescrizione dei biologici per principio attivo: i farmacisti ospedalieri devono dispensare il marchio commerciale come prescritto dal medico.
• Regno Unito. I farmacisti - sia in ospedale che in farmacia - non sono autorizzati a sostituire un originatore con un generico senza consultare e ottenere l’approvazione del medico. Per quanto riguarda le gare, il principale (e spesso unico) criterio di aggiudicazione nelle gare è il prezzo: se l’azienda non riesce a far fronte alla fornitura sarà tenuta a coprire la spesa in eccesso che ne deriva. Infine le gare non garantiscono un volume minimo di fornitura, consentendo basse economie di scala. Il rischio conseguente è quello della carenza di medicinali.
Per quanto riguarda invece i biosimilari a pesare è in generale l’assenza di linee guida specifiche per il loro utilizzo; l’obbligo di prescrizione per marca; la mancata riapertura delle gare al primo ingresso del biosimilare sul mercato.

Le raccomandazioni

È in base a questo lungo excursus che i ricercatori KPMG hanno individuato i dieci ingredienti chiave per un mercato farmaceutico ospedaliero che ottimizzi l’utilizzo di generici e biosimilari, puntando fondamentalmente ad una concorrenza sostenibile nell’ambito del sistema degli appalti.

1. Passare dall’aggiudicazione al prezzo minimo al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che tiene conto di altri elementi qualitativi (es. disponibilità di più specialità medicinali; disponibilità di dispositivi per la somministrazione; affidabilità dei fornitori), laddove sia possibile e ragionevole, consentendo la competizione su più parametri.
2. Definire una quantità minima e una quantità massima per lotto. Misura che consente ai produttori di farmaci di valutare con precisione l’effetto delle economie di scala e di valutare con maggiore precisione l’impatto di eventuali sanzioni in caso di incapacità di fornire i medicinali.
3. Favorire le gare multi-aggiudicatari. Strategia suggerita per evitare il rischio di una riduzione della competizione e dei fenomeni di carenza di medicinali, pur garantendo, nella sua implementazione, il contrasto a fenomeni anti concorrenziali.
4. Riapertura immediata della gara dopo l’ingresso del primo farmaco multisource.
5. Snellimento delle procedure. Prevedere solo la presentazione di informazioni veramente essenziali e la completa digitalizzazione della procedura riduce lo sforzo richiesto, e quindi anche i costi irrecuperabili sostenuti dai produttori per la partecipazione alla gara.
6. Diffondere informazioni scientifiche indipendenti sull’efficacia, la qualità e la sicurezza indirizzate a ai medici e ai farmacisti ospedalieri, spesso attori chiave dell’approvvigionamento e diffondere informazioni sull’efficienza dei costi tra i responsabili delle organizzazioni che organizzano gare d’appalto per le forniture.
7. Attuare accordi per obiettivi e prevedere anche, dove necessario, l’utilizzo di quote per l’uso dei farmaci biosimilari. Diversamente dagli incentivi finanziari, gli accordi sugli obiettivi non creano una pressione unicamente sul fattore prezzo e risparmio, con conseguenti dinamiche di mercato più sostenibili e maggiore concorrenza nel mercato dei biosimilari nel lungo periodo. Ma hanno anche il vantaggio di dare ai clinici una maggiore libertà terapeutica, aumentando l’accettazione dei prodotti.
8. Elaborare linee guida nazionali chiare sull’utilizzo dei biosimilari e sullo switch per migliorare l’accesso e l’erogazione di questa risorsa terapeutica negli ospedali grazie all’utilizzo ottimizzato dei farmaci biosimilari anche per i pazienti già sottoposti a trattamento con il biologico originatore.
9. Implementare metodi di condivisione dei benefici finanziari derivanti dal maggiore utilizzo di generici e biosimilari.

Le specifiche per l’Italia

10. Queste infine le indicazioni ritenute cruciali per il mercato ospedaliero Italiano:

• privilegiare il meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa per stimolare una concorrenza ormai carente in ambito ospedaliero;
• definire una quantità minima e massima per lotto;
superare il meccanismo del pay back, per andare verso sistemi più idonei, ma ogni caso responsabilizzanti per gli attori del sistema;
snellire le procedure di gara, alleggerendo i costi irrecuperabili a carico dei produttori di farmaci;
• prevedere la riapertura immediata della gara al primo ingresso sul mercato del generico o biosimilare;
• ottimizzare il prezzo base d’asta.


Tutte queste misure avrebbero la capacità di ridurre il numero dei lotti deserti promuovendo una concorrenza sostenibile mediante il bilanciamento rischio e ricompensa.

Il mercato nazionale

Secondo i dati elaborati dall'Ufficio studi Assogenerici su dati IQVIA 2017 il mercato farmaceutico ospedaliero complessivo (tutte le classi, esclusa la distribuzione diretta, in patent e off patent) è rappresentato da 983 milioni di UMF (unità minime frazionabili, ovvero singola fiala, compressa, etc), per un valore pari a 6,7 miliardi di euro ai prezzi ex-factory (6 miliardi nel 2016), ovvero il prezzo massimo di cessione al SSN non ancora sottoposto allo sconto medio praticato in gara. Tenendo conto del “prezzo medio ponderato” il reale valore del mercato ospedaliero si attesta a complessivi 4,7 miliardi.
Le aziende produttrici di generici equivalenti coprono circa il 33,3% del fabbisogno (era 32% nel 2016) per circa 330 milioni di UMF l'anno.

La presenza degli equivalenti è particolarmente incisiva nelle seguenti quattro classi farmaceutiche individuate secondo la classificazione ATC (Anatomica Terapeutica Chimica):
• Classe K1 (soluzioni infusionali) di cui le aziende di Assogenerici garantiscono il 99% a volumi (quota invariata nel 2017 vs 2016);
• Classe J1 (antibiotici), generici per il 72% a volumi (69% nel 2016);
• Classe N2 (analgesici) dove i generici rappresentano il 42% dei volumi (41% nel 2016);
• Classe L1 (oncologici), generici per il 33% dei volumi (35% nel 2016).

I dati dello studio

La presentazione KPMG

Rassegna Stampa MePAIE 19 ottobre 2018

Intervista a Michele Uda, direttore Assogenerici

 

 

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Dall’Assemblea pubblica Assogenerici, in programma oggi a Roma, il presidente Enrique Häusermann lancia l’appello al connubio tra sostenibilità e solidarietà.
Allo starter il progetto delle ”Farmacie di strada”. Nove richieste sulla Governance

Far marciare assieme sostenibilità e solidarietà per allargare la platea di chi ha accesso alle cure, abbracciando anche chi rischia di restare ai margini del diritto alla salute sancito dalla Costituzione e spesso suo malgrado tradito dal SSN.

Questa la sfida lanciata da Enrique Häusermann, presidente Assogenerici, nella relazione all’Assemblea pubblica delle industrie dei farmaci generici e biosimilari in programma oggi all’Auditorium dell’Ara Pacis, a Roma.

“Sono troppi i cittadini, italiani e stranieri, che rinunciano alle cure o alle prestazioni mediche per problemi di reddito – ha detto Häusermann. – Con le nostre aziende siamo stati paladini della sostenibilità, consentendo al SSN di curare più persone a parità di risorse. Oggi è tempo di fare un gradino in più, aggiungendo alla sostenibilità la solidarietà. È per questo che nell’Assemblea pubblica di quest’anno abbiamo scelto di mettere assieme il tema della sostenibilità – declinato attraverso le nostre proposte sulla Governance farmaceutica – con il tema della solidarietà, espresso concretamente nel progetto delle “farmacie di strada”, che presentiamo in partnership con altri attori del sistema Salute”.

Una sfida che diventa slogan: “Il progresso vero – dice Hausermann – non lascia indietro nessuno”.
Neanche chi è talmente ai margini del sistema sociale da non essere incluso nei radar del Servizio sanitario pubblico. E’ su questi presupposti che sarà sperimentata per un anno, a Roma – a Tor Bella Monaca e al colonnato di San Pietro – la “farmacia di strada”, per la distribuzione di farmaci donati da privati e aziende. Un progetto che vede Assogenerici protagonista di una partnership con l’Istituto di Medicina solidale – Onlus attiva da 14 anni grazie all’attività di volontariato di un gruppo di medici universitari di Tor Vergata – il Banco farmaceutico, l’Ordine Nazionale dei Farmacisti (FOFI).

“L’obiettivo deve essere quello di limitare l’impatto di fattori socio–economici sullo stato di salute delle persone e sostenere il SSN, un modello unico, che troppo spesso diamo per scontato: in quest’ottica la scelta di equivalenti e biosimilari è una scelta etica”, ha proseguito Häusermann, fissando i paletti sul tema clou della Governance farmaceutica, oggetto di un Tavolo inaugurato al ministero della Salute dal quale dovrebbero scaturire anche proposte utili in vista della manovra.

Entro il 2023 andranno in scadenza di brevetto farmaci che determinano una spesa di 3,1 miliardi di euro l’anno; nel triennio 2018 – 2020, con l’arrivo dei farmaci equivalenti di diverse molecole in scadenza di brevetto, si raggiungeranno risparmi cumulati superiori a 800 milioni di euro. Mentre sul fronte dei biologici, tra il tra il 2018 e il 2022 perderanno la protezione brevettuale sette molecole (adalimumab, trastuzumab, bevacizumab, insulina lispro, ranibizumab, teriparatide, pegfilgrastim) che oggi vantano un mercato annuale di circa 1 miliardo di euro.

“La diminuzione della spesa farmaceutica documentata dai dati AIFA è stata ottenuta grazie al fatto che la maggior parte dei farmaci utilizzati ogni giorno a carico del SSN sono medicinali a brevetto scaduto. Ma per ottenere un mercato efficiente per questi prodotti servono scelte politiche adeguate, capaci di incoraggiare domanda e offerta: bisogna agire sia sui meccanismi della competizione – garantendo un rapido accesso al mercato – sia sulla comunicazione indirizzata a medici e pazienti”, ha sottolineato Häusermann elencando le nove richieste del comparto per il Tavolo della Governance.

1. compensazione trasversale tetti–fondi, mantenendo ogni avanzo nel capitolo della spesa farmaceutica;
2. revisione del pay back con criteri di equità e certezza (ripiani per quota di mercato impresa;
sfondamento innovativi e orfani a regole attuali);
3. reinvestire nella farmaceutica tutti i risparmi derivanti da equivalenti e biosimilari;
4. prevedere l’obbligo di riapertura della gara ospedaliera all’avvento del primo equivalente;
5. disegnare capitolati di gara che garantiscano prevedibilità e sostenibilità delle forniture
(anti–carenza);
6. rivedere il PHT, uniformando l’elenco dei farmaci in distribuzione diretta e per conto ed escludendo i farmaci fuori brevetto di normale utilizzo nell’assistenza territoriale;
7. eliminare il patent linkage;
8. semplificare le procedure autorizzative e negoziali dei farmaci equivalenti ;
9. sostenere l’adozione dell’SPC Waiwer, sia per l’export sia per lo stoccaggio, eliminando i paletti oggi previsti nella proposta della Commissione UE.

“Le nostre aziende vogliono continuare a svolgere il proprio ruolo di generatore di risorse svolto fino ad oggi. Perché ciò accada è necessario che il Tavolo per la riforma della governance farmaceutica insediato dalla Salute ascolti anche la voce del sistema produttivo, senza pregiudizi. Il nostro auspicio – ha concluso – è quello di poter avviare a quel Tavolo un aperto confronto su un Patto di stabilità pluriennale basato sull’individuazione e condivisione di politiche di acquisto pubblico sostenibili”.

 

 Assogenerici è l’organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci generici equivalenti e biosimilari in Italia. Fondata nel 1993, rappresenta oggi 51 tra imprese multinazionali e aziende italiane dislocate su tutto il territorio nazionale, che producono sia per il mercato nazionale che per i mercati esteri, oltre ad aziende impegnate nella produzione di farmaci in conto terzi per tutta l’industria farmaceutica, per un totale di 36 siti produttivi e 11mila occupati: il 40% addetti alla produzione; il 91% a tempo indeterminato; il 47% donne.
Le aziende associate – per il 48% a capitale italiano (32% UE; 20% extra UE) – sono dislocate per l’86% nelle Regioni del Nord Italia, generano un fatturato complessivo pari a 3,2 miliardi di euro con una incidenza dell’export pari al 40% ed effettuano investimenti medi annui per 100 milioni di euro.

RASSEGNA

Medicine News line

Rassegna Stampa Assemblea pubblica 2018;

RADIOCOR 18 SETTEMBRE 2018

https://stream24.ilsole24ore.com/video/notizie/piu-farmaci-generici-rendere-sostenibili-cure-pubbliche/AEyAgc1F

Medicina e Informazione; Medicina e Informazione facebookhttps://www.socialfarma.it/hausermann-il-mercato-degli-equivalenti-cresce-ma-non-al-sud/

 

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Prevista l’apertura di due presìdi negli ambulatori di medicina solidale di Tor Bella Monaca e del colonnato di San Pietro per la distribuzione di medicinali donati da privati e aziende. L’iniziativa – proposta dall’Istituto di Medicina Solidale Onlus (IMES) - è sostenuta da Assogenerici in partnership Fondazione Banco Farmaceutico (FBF), l’associazione Banco Farmaceutico Research (BFR) e la Federazione nazionale degli Ordini dei farmacisti (FOFI)

 

“Abbiamo cura di loro” è lo slogan che battezza il progetto sperimentale “Farmacie di strada” – proposto dall’Istituto di Medicina Solidale Onlus (IMES) – lanciato in occasione dell’Assemblea pubblica 2018 di Assogenerici e da essa sostenuto in partnership con la Fondazione Banco Farmaceutico (FBF), l’associazione Banco Farmaceutico Research (BFR) e la Federazione nazionale degli Ordini dei farmacisti (FOFI). Attori diversi del sistema Salute, accomunati dalla volontà di fare la propria parte nel contrastare il diffondersi di patologie legate alla povertà o al mancato accesso alle cure.
Banco Farmaceutico gestisce la raccolta e distribuzione agli enti di beneficienza dei farmaci donati da aziende e cittadini; Assogenerici ha una partnership consolidata con il Banco per la donazione di medicinali; FOFI è l’Ordine nazionale dei farmacisti, indispensabili per la distribuzione dei farmaci, anche se donati.
L’Istituto di Medicina Solidale Onlus (IMES), nato in collaborazione con l’Università e il Policlinico di Roma Tor Vergata e sostenuto dal volontariato di alcuni medici universitari, ha avviato il Servizio di Medicina Solidale e delle Migrazioni nel 2004 a Tor Bella Monaca, Municipio VI di Roma, caratterizzato dal più alto indice di povertà nella Capitale. Nei sei ambulatori oggi gestiti l’assistenza medica è assicurata da 30 volontari medici specialisti, psicologi e infermieri che garantiscono 15mila prestazioni l’anno. L’ultimo ambulatorio solidale è stato inaugurato nel 2016 a piazza San Pietro, per i poveri assistiti dall’Elemosineria Apostolica.
Proprio nei due ambulatori di medicina solidale di Tor Bella Monaca e del colonnato del Bernini sarà sperimentato per 12 mesi un modello pilota di “Farmacie di strada”,
Le farmacie funzioneranno indipendentemente ma in stretta connessione con gli ambulatori di strada: saranno rifornite da Banco Farmaceutico con i medicinali donati da aziende e privati, il flusso dei farmaci in-out sarà registrato e monitorato con sistemi informatizzati e i prodotti saranno dispensati da farmacisti volontari, secondo le prescrizioni mediche rilasciate dagli ambulatori solidali.
Obiettivo principale del progetto è quello di validare il modello pilota per renderlo “esportabile” in altre realtà, con il coinvolgimento degli attori istituzionali più opportuni.
Tutti i dati relativi agli accessi effettuati saranno registrati in una cartella informatizzata che permetterà la raccolta di dati e la realizzazione di un report epidemiologico.
L’esperienza consentirà inoltre la realizzazione di una sorta di prontuario della “Farmacia di strada”, appositamente disegnato in relazione alle patologie prevalenti, alle linee guida di terapia, alla scelta dei farmaci essenziali.
Output attesi: la riduzione dello spreco di farmaci, l’ottimizzazione di un circuito virtuoso che trasforma lo scarto in risorsa, un controllo sanitario efficace sulla catena delle cronicità, la riduzione degli accessi impropri al Pronto soccorso.

Guarda il Video di presentazione del progetto

 

 

 

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Agli equivalenti il 22% dei consumi in farmacia; ai biosimilari il 12% del mercato complessivo di riferimento

 

Cure senza brevetto in crescita sia sul fronte dei farmaci tradizionali che nel comparto dei biologici: nel primo semestre dell’anno i prodotti equivalenti hanno assorbito il 22% dei consumi in farmacia, mentre i biosimilari hanno conquistato il 12% del mercato di riferimento.
Il focus sui trend di mercato nel I semestre 2018 nei report realizzati dall’Ufficio studi Assogenerici-IBG e diffusi in occasione dell’Assemblea pubblica dell’associazione che rappresenta le industrie dei farmaci generici e biosimilari in Italia.

IL MERCATO DEGLI EQUIVALENTI DA GENNAIO A GIUGNO 2018

Nel primo semestre 2018 i farmaci equivalenti hanno rappresentato il 21,95% del totale del mercato farmaceutico a volumi nel canale farmacia e il 13,14% a valori, facendo registrare una performance positiva rispetto al I semestre 2017 (tutte le classi), del 5,7% a unità e del 12,1% a valori, a fronte di un rallentamento del mercato farmaceutico complessivo (+0,2% a unità, -1,3% a valori) determinato dall’arretramento dei brand a brevetto scaduto (-1,4% a unità e -3,3% a valori).
Il fattore a maggiore incidenza su questi trend è rappresentato dalle immissioni in commercio di nuovi farmaci generici equivalenti a seguito delle scadenze brevettuali registratesi nel corso del 2017.
Complessivamente il mercato dei generici equivalenti quota in circa 1,84 miliardi in prezzi ex factory, assorbendo il 17,6% del mercato farmaceutico nazionale complessivo, pari a circa 10,5 miliardi di euro (sempre in prezzi ex factory).
Il giro d’affari del comparto si conferma concentrato essenzialmente in classe A per un totale di 1.45 miliardi che rappresentano il 78,8% del totale della spesa per farmaci generici (l’89,5% a confezioni),

I consumi in farmacia. Entrando nel dettaglio dei consumi in classe A nel canale farmacia, nel periodo gennaio-giugno 2018 emerge una flessione del -1% del numero di confezioni rimborsate dal SSN rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
In particolare si registra una flessione dei consumi (unità) relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto del 15,4% rispetto al I semestre 2017. In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto, in particolare quello degli equivalenti che assorbono il 29,3% dei consumi a unità registrando una crescita del +3,9% rispetto al gennaio-giugno 2017.

Coerentemente in calo il dato a valori relativo alla spesa rimborsata dal SSN: nel primo semestre dell’anno è diminuita del 4,3%, a fronte di una flessione del -17,6% per i prodotti ancora coperti da brevetto e una crescita dell’8,4% nel segmento dei generici-equivalenti.

Sparuta la presenza dei generici equivalenti negli altri segmenti di spesa: in classe C il 2,1% delle confezioni vendute nella relativa classe; nel ramo dell’automedicazione lo 0,3% delle confezioni.

I consumi per area geografica e il divario Nord-Sud. Per quanto riguarda l’analisi dei consumi per area geografica, il consumo degli equivalenti di classe A si concentra soprattutto al Nord (36,5% a unità; 27,1% a valori), mentre risultano distanziati il Centro (26,8%; 20,2%) e il Sud Italia (21,5%; 16,2%). A separare Nord da Sud sono 15 punti percentuali a unità e 11 punti percentuali a valori.
A guidare la classifica dei consumi di equivalenti è la Provincia Autonoma di Trento, con il 42,5 sul totale delle unità dispensate SSN nel periodo gennaio-giugno. Trento con L’Emilia Romagna sono anche i due territori dove si registra la più alta incidenza di consumi complessivi di farmaci off patent (generici e branded a brevetto scaduto) - l’83,4% - a carico del Ssn. Secondo territorio a maggior consumo di equivalenti la Lombardia (38,8%), seguita da Emilia Romagna (36,4%), Friuli Venezia Giulia (36,2%) e Valle d’Aosta (35%). Fanalino di coda Calabria (19,5%), Basilicata (19,8%), Campania e Sicilia (21% a pari merito).
Ammonta infine a 561 milioni di euro il totale del differenziale di prezzo pagato dai cittadini nel primo semestre dell’anno per ottenere il branded a brevetto scaduto invece del generico: l’incidenza più alta in Sicilia (58 milioni di euro, pari al 15,6% della spesa farmaceutica regionale del semestre), seguita da Lazio (71 milioni; 15,2%) e Molise (3 milioni; 14,9%).

Il mercato ospedaliero. Per quanto riguarda il mercato ospedaliero gli equivalenti in classe A e H assorbono il 26,1% dei consumi a volumi e il 2,1% a valori. A dominare il mercato ospedaliero sono i brand a brevetto scaduto che quotano il 38,8% dei consumi a volumi e il 5,2% a valori, mentre ai farmaci esclusivi (protetto o senza generici corrispondente) resta il 35% dei consumi a volumi che valgono però il 92,8% della spesa farmaceutica pubblica ospedaliera.

Scadenze brevettuali e potenziali risparmi. Entro il 2023 andranno in scadenza di brevetto farmaci che determinano una spesa di 3,1 miliardi di euro l’anno; nel triennio 2018 – 2020, con l’arrivo dei farmaci equivalenti di diverse molecole in scadenza di brevetto, si raggiungeranno risparmi cumulati superiori a 800 milioni di euro.

IL MERCATO DEI BIOSIMILARI DA GENNAIO A GIUGNO 2018

Nel primo semestre 2018 le 10 molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano - Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Etanercept, Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro, per un totale di 45 prodotti - hanno assorbito il 12% dei consumi nazionali contro l’88% detenuto dai corrispondenti originator.

Su base annua il pool dei biosimilari presenti sul mercato nazionale ha fatto registrare una crescita complessiva del 27,7% rispetto al I semestre 2017, calcolata al netto delle new entry, ovvero le nuove molecole biosimilari lanciate sul mercato solo da giugno 2017 (Rituximab, Enoxaparina e Insulina Lispro), a fronte di una contrazione dei biologici originator dell’1,6%.

Riflettori accesi sulle performance delle 3 molecole protagoniste del “sorpasso” rispetto al biologico originatore. A realizzare il maggior grado di penetrazione sul mercato è stato il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio assorbono il 94,68% del mercato a volumi (89,35% a valori, a prezzo medio). Seguono le Epoetine (75,39% del relativo mercato a volumi e 62,12% a valori), in commercio in versione biosimilare, alla pari del Filgrastim, a partire dal 2009.

Ancor più notevole la prestazione dei biosimilari di più recente o recentissima registrazione: Infliximab, in versione biosimilare dal febbraio 2015 e titolare nel primo semestre 2018 del 69,75% del mercato a volumi (54,67% a valori); Follitropina alfa, in pista dall’aprile 2015 e oggi titolare del 12,69% a volumi (12,36% a valori); Insulina Glargine -primo biosimilare in commercio da febbraio 2016 - oggi concentra il 17,03% a volumi (12,64% a valori). Risultato anche migliore per Etanercept (in commercio da ottobre 2016), che nel I semestre dell’anno ha assorbito il 29,03% a volumi (23,26% a valori) e il Rituximab, in commercio dal luglio 2017, che nella versione biosimilare concentra già il 40,66% dei consumi (26,28% a valori).

Diversificato ma comunque in crescita il quadro dei consumi a livello regionale. A registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte: in entrambe quotano il 41,89% del mercato sul mercato complessivo di riferimento e addirittura l’80,25% del mercato riferito all’insieme delle cinque molecole in commercio da almeno 3 anni (Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Infliximab, Follitropina Alfa).

Lo stesso pool di molecole di più antica commercializzazione ottiene consensi di rilievo praticamente in tutte le Regioni (Toscana, 70,24%; Veneto 64,27%; Sicilia 59,52%; Liguria, 72,21%; Emilia Romagna, 63,89%). Fanalini di coda Abruzzo (36,79%) e Calabria (14,95%).

La classifica varia ampliando l’analisi a tutti i biosimilari in commercio: tolto il già citato primato il Piemonte e Valle d’Aosta, seguono in classifica Sicilia (18,82% del mercato complessivo), Basilicata (14,79%), Friuli Venenzia Giulia (13,34%), Toscana (12,72%). Tutte le altre Regioni risultano al di sotto della media nazionale; fanalini di coda Puglia e Umbria che non raggiungono neanche il 5% dei consumi.

Scadenze brevettuali e potenziali risparmi. Secondo una recentissima analisi elaborata dal centro studi IQVIA il valore del mercato dei principali prodotti biologici che perderanno la protezione brevettuale tra il 2018 e il 2022 ammonta a circa 1 miliardo di euro. Per le sette molecole in questione (adalimumab, trastuzumab, bevacizumab, insulina lispro, ranibizumab, teriparatide, pegfilgrastim), in assenza di competizione da parte di alcun biosimilare si stima nei prossimi cinque anni una spesa cumulata di circa 5,6 miliardi.

Assogenerici è l’organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci generici equivalenti e biosimilari in Italia. Fondata nel 1993, rappresenta oggi 51 tra imprese multinazionali e aziende italiane dislocate su tutto il territorio nazionale, che producono sia per il mercato nazionale che per i mercati esteri, oltre ad aziende impegnate nella produzione di farmaci in conto terzi per tutta l’industria farmaceutica, per un totale di 36 siti produttivi e 11mila occupati: il 40% addetti alla produzione; il 91% a tempo indeterminato; il 47% donne.
Le aziende associate - per il 48% a capitale italiano (32% UE; 20% extra UE) - sono dislocate per l’86% nelle Regioni del Nord Italia, generano un fatturato complessivo pari a 3,2 miliardi di euro con una incidenza dell’export pari al 40% ed effettuano investimenti medi annui per 100 milioni di euro.

 

 

Altro

Ancora increscita il mercato di generici equivalenti. Il Report trimestrale sui trend del mercato italiano di settore nel primo trimestre 2018 – realizzato dal Centro Studi di Assogenerici su dati IQVIA – assegna ai farmaci generici equivalenti il 21,72% del totale del mercato farmaceutico a volumi nel canale delle farmacie aperte al pubblico (era il 20,88% nel primo trimestre 2017) e il 12,7% a valori (era l’11,6% nel primo trimestre 2017).

Dall’analisi realizzata da Assogenerici sul trend dei consumi nei primi tre mesi del 2018, emerge una performance positiva degli equivalenti nel canale farmacia  (classi A e C), con una crescita del 6,7% a unità e del 12% a valori, a fronte di un +1,5% a unità del mercato farmaceutico complessivo e –0,8% a valori e di un mercato dei branded a brevetto scaduto di + 0,2% a unità e –2,7% a valori.

Il fattore a maggiore incidenza su questi trend è rappresentato dalle immissioni in commercio di nuovi farmaci generici equivalenti a seguito delle  scadenze brevettuali registratesi nella seconda metà del 2017.

Complessivamente, il mercato dei generici equivalenti vale circa 1,8 miliardi in prezzi ex factory, assorbendo il 17% del mercato farmaceutico nazionale complessivo, pari a circa 10,5 miliardi di euro (sempre in prezzi ex factory).

Il giro d’affari del comparto si conferma concentrato essenzialmente in classe A per un totale di 1.4 miliardi che rappresentato 78,6% del totale della spesa per farmaci generici (l’89,5% a confezioni)

Decisamente più sparuta la presenza dei generici equivalenti negli altri segmenti di spesa: in classe C il generico equivalente quota 253 milioni euro di fatturato (14,2% del proprio giro d’affari) e rappresenta il 2% delle confezioni vendute nella relativa classe; appena 22 milioni di euro di fatturato, infine, nel ramo dell’automedicazione (1,2% del fatturato equivalente complessivo; 0,2% del giro d’affari della relativa classe).

L’analisi sulla segmentazione del totale mercato a volumi nel canale farmacia evidenzia che i generici equivalenti totalizzano ancora il 21,72% (era il 20,88% nel I trimestre del 2017), contro il 51,79% detenuto dai brand a brevetto scaduto (era il 51,80%), mentre perdono terreno i farmaci esclusivi (protetti o senza generico corrispondente): 26,50% contro il 27,32% del I trimestre 2017.

Ammonta invece al 12,74%, sempre nel mercato farmacia, la quota del mercato totale a valori assorbita dagli equivalenti, mentre i farmaci esclusivi (protetti o senza generico corrispondente) detengono il 41,14% e la parte del leone spetta ai branded a brevetto scaduto con il 46,13%. Con riferimento ai soli consumi off patent, i generici equivalenti assorbono invece il 22% del mercato a valori del canale farmacia contro il 78% detenuto dai brand a brevetto scaduto.

I consumi in classe A

Entrando nel dettaglio dei consumi in classe A, nel periodo gennaio–marzo 2018 emerge una flessione del –1 % del numero di confezioni rimborsate dal SSN rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

In particolare si registra una flessione dei consumi (unità) relativa ai prodotti ancora coperti da brevetto del 18% rispetto al I trimestre 2017.  In crescita invece il segmento relativo ai farmaci a brevetto scaduto, in particolare quello dei branded che registrano una crescita del +3,8% rispetto al gennaio–marzo 2017, mentre gli equivalenti crescono del 4,1%.

Coerentemente in calo il dato a valori relativo alla spesa rimborsata dal SSN: nel primo trimestre dell’anno è diminuita del 4,7% rispetto allo stesso periodo del 2017, a fronte di una flessione dello 19,2% per i prodotti ancora coperti da brevetto, una crescita del 9,1% per gli off patent branded e una crescita dell’8% per il segmento dei generici–equivalenti. 

I consumi per area geografica e il divario Nord–Sud

Per quanto riguarda l’analisi dei consumi per area geografica, il consumo degli equivalenti di classe A si concentra soprattutto al Nord (36,2% a unità; 26,8% a valori), mentre risultano distanziati il Centro (26,4%; 19,8%) e il Sud Italia (21,1%; 15,7%). A separare Nord da Sud sono 15 punti percentuali a unità e 11 punti percentuali a valori.

In particolare, a guidare la classifica dei consumi di equivalenti è la Provincia Autonoma di Trento (42,2 sul totale delle unità dispensate SSN nel periodo gennaio–marzo: era il 40,9% nel I trimestre 2017), seguita dalla Lombardia (38,6% contro il 36,9% dell’anno prima) e dall’Emilia Romagna (36,0% contro 34,4%). Fanalino di coda Calabria (19,1% contro 18,2% del 2017), Basilicata (19,5% contro 18,3%), Campania e Sicilia (20,7% contro 19,8% per entrambe).

Ammonta infine a 283 milioni di euro (erano stati 286 milioni nel I trimestre 2017) il totale del differenziale di prezzo pagato dai cittadini nel primo trimestre dell’anno per ottenere il branded a brevetto scaduto invece del generico: l’incidenza più alta in Sicilia (dove il differenziale versato nel trimestre ammonta a 30 milioni di euro, pari al 15,4% della spesa farmaceutica regionale del periodo, seguita da Lazio (36 milioni; 15%) e Molise (2 milioni; 14,7%).

Il mercato ospedaliero

Ancora troppo fumo e pochissimo arrosto nel mercato ospedaliero degli equivalenti. In classe A e H, a fronte di una leggera crescita dell’incidenza sia a volumi (25,7%, contro il 23,8% del I trimestre 2017) che a valori ex factory (5,9% contro il 5,1% dell’anno prima).

Un valore quest’ultimo che non consente di tenere in debito conto la principale caratteristica delle forniture nel canale ospedaliero, effettuate esclusivamente per bandi di gara: passando dal prezzo ex factory al prezzo medio, l’incidenza del generico sul totale a valori scende ad un più realistico 2,1%.

A dominare il mercato ospedaliero sono ancora i prodotti in esclusiva (protetti da brevetto o privi di generico corrispondente), che assorbono il 39,5 a unità e il 92,9% a valori (prezzo medio), tallonati almeno a unità dai brand a brevetto scaduto che tuttavia con una quota pari al 34,8% del canale assorbono appena il 5,1% a valori. 

Nel solo parterre dei farmaci off patent non esclusivi di classe A e H, i generici equivalenti quotano il 42% dei consumi e il 29% a valori; i branded a brevetto scaduto assorbono il 58% dei consumi e il 71% a valori.

 

Altro

Nel 2017 le otto molecole biosimilari in commercio sul mercato italiano –Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Follitropina alfa, Infliximab, Insulina Glargine, Rituximab e Etanercept - hanno assorbito il 19% dei consumi nazionali contro l’81% detenuto dai corrispondenti originator, registrando una crescita complessiva dei consumi del 73,9% rispetto al 2016: il dato emerge dal Report annuale realizzato dall'Ufficio Studi IBG - Italian Biosimilars Group sui dati a consuntivo 2017.

Per tre delle molecole in questione il mercato nazionale ha registrato il sorpasso nelle vendite di biosimilare rispetto al biologico originatore. A realizzare il maggior grado di penetrazione sul mercato è stato il Filgrastim, i cui 5 biosimilari in commercio hanno assorbito il 92,7% del mercato a volumi. Ad assicurarsi la seconda miglior performance sono state invece le Epoetine, che hanno assorbito il 67,4% del relativo mercato a volumi. Entrambe le molecole citate sono in commercio in versione biosimilare dal 2009 e ciò rende ancora più ragguardevole la performance dei tre biosimilari dell’Infliximab che in un paio d’anni (la prima commercializzazione risale al febbraio 2015) sono arrivati a totalizzare il 54,6% del mercato a volumi.

Decisamente più distanziata la performance della Somatropina biosimilare, commercializzata dal 2007, che raccoglie il 28% a volumi in un mercato ancora solidamente (72%) detenuto da 7 altri prodotti originatori.

Ancora in via d’assestamento, infine, la penetrazione sul mercato dei biosimilari di più recente registrazione, a partire dalla Follitropina alfa, in commercio dall’aprile 2015, titolare nel 2017 dell’8,2% del mercato della molecola a volumi. Migliore invece la prestazione dell’Insulina Glargine, con il primo biosimilare in commercio da febbraio 2016 e titolare alla fine dello stesso anno del 15,4% del mercato a volumi. Sulla stessa lunghezza d’onda la penetrazione dell’Etanercept , entrato sul mercato nell’ottobre 2016 e arrivato a totalizzare nel 2017 l’11,6% del mercato a volumi. Comunque di rilievo, infine, quel 2,2% del mercato a volumi assorbito dal Rituximab biosimilare in soli 5 mesi di commercializzazione a partire dal luglio 2017.

Ampiamente diversificato il quadro dei consumi a livello regionale: a registrare il maggior consumo di biosimilari per tutte le molecole in commercio sono la Valle d’Aosta e il Piemonte con una incidenza dei biosimilari del 64,11% sul mercato complessivo di riferimento. Seguono, appaiate ma decisamente distanziate dalle prime due, Basilicata e Sicilia dove i biosimilari assorbono rispettivamente il 33,37% e il 32,77% del mercato di riferimento.

All’estremo opposto, fanalini di coda la Puglia (6,82%), l’Umbria (7%) e il Lazio (8,27%).

Ben altro aspetto assume però la classifica regionale dei consumi tenendo conto soltanto del mercato riferito all’insieme delle quattro molecole in commercio da almeno 3 anni (Epoetine, Filgrastim, Somatropina, Infliximab): in testa ai consumi di biosimilari ancora una volta Valle d’Aosta e Piemonte, entrambe con quote di consumo di biosimilari dell’82,80%. Seguono il Trentino Alto Adige (70,63%), la Liguria (69,99%) passando per la Toscana, L’Emilia Romagna e la Sicilia, tutte con quote di penentrazione dei biosimilari superiori al 60%.

Ultima in classifica la Calabria dove il consumo delle quattro molecole biosimilari si ferma al 14,44 per cento.

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Foto: Tara Winstead su Pexels

 

Altro

 

Soffrono di psoriasi, artrite reumatoide, Morbo di Crohn, ovvero di una delle principali malattie autoimmuni protagoniste della guerra inconsulta che il sistema immunitario sempre più spesso decide di scatenare contro l’organismo che invece dovrebbe difendere. Per gran parte di queste patologie il trattamento d’elezione è oggi rappresentato da farmaci biologici, ma in Italia c’è un esercito di 200mila pazienti (con un range variabile da 100mila a 300mila) ancora esclusi dall’accesso alle cure.

Il dato emerge dallo studio “Sottotrattamento da biologico: analisi del fenomeno e spunti di riflessione” realizzato da Ernst&Young per l’Italian Biosimilars Group – IBG e presentato in un convegno organizzato sul tema oggi a Roma dall’AIFA.

Obiettivo dell’analisi far emergere l’entità del sottoutilizzo dei farmaci biologici nella prassi clinica, nonostante essi siano consigliati e spesso ritenuti indispensabili dalle linee guida per il trattamento di molte patologie gravi e croniche.

Lo studio

L’indagine è partita dall’analisi su 11 patologie - psoriasi, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, artrite reumatoide, malattia di Crohn, colite ulcerosa, lingoma non-Hodgkin, leucemia linfatica cronica, carcinoma mammario, tumore al colon retto e melanoma metastatico - per il cui trattamento sono già presenti sul mercato i biosimilari.

Per ciascuna di esse, le linee guida ufficiali e i dati della letteratura scientifica, nonché un confronto con i clinici di settore, hanno consentito di calcolare il numero effettivo di casi registrati nella popolazione (prevalenza) e il numero di pazienti eleggibili al trattamento con il farmaco biologico; i dati di mercato IQVIA hanno invece consentito di calcolareil numero dei pazienti effettivamente trattati con questo tipo di terapia.

I dati di sottotrattamento, rilevati calcolando la differenza tra i pazienti eleggibili al trattamento conbiologico e quelli effettivamente trattati, sono stati poi discussi con esperti / key opinion leader delle diverseareeterapeutiche coinvolte con l’obiettivo di identificarne le possibili cause. Quando è stata riscontrata una differenza tra i dati di letteratura e l’opinione del KOL questa è stata evidenziata, tenendo in considerazione la stima più conservativa.

I risultati

La fotografia varia in modo significativo da una patologia all’altra, ma il fenomeno del sottoutilizzo dei biologici emerge con chiarezza dai dati di sintesi riferiti alla maggioranza delle aree considerate.

  • Psoriasi – a fronte di una prevalenza di 1milione 700mila pazienti, quelli eleggibili al trattamento con biologico oscillano tra i 200mila (dato desunto dalle linee guida) e i 50mila (dato derivante da confronto con un KOL che reputa comunque valida l’alternativa non biologica). In questo quadro, i pazienti con psoriasi effettivamente trattati con biologico sono 16mila, con uno scarto pazienti ascrivibili all’area del sottotrattamento che oscilla pertanto tra i 34mila e i 184mila;
  • Artrite psoriasica – per una prevalenza di 115mila pazienti si valutano tra i 48mila e i 34.500 pazienti eleggibili al trattamento con biologico mentre quelli effettivamente trattati sono 24mila: il pool di pazienti in sottotrattamento è dunque compreso tra i 10.500 e i 24mila;
  • Spondilite anchilosante – per 48mila pazienti prevalenti ne sussistono 29mila eleggibili al biologico, 9mila trattati e 20mila in sottotrattamento;
  • Artrite reumatoide – prevalenti 200mila; eleggibili al biologico tra i 43mila e i 58mila; trattati 38mila; pazienti in sottotrattamento tra i 5mila e i 20;
  • Malattia di Crohn – prevalenti 52mila; eleggibili al trattamento con biologico 29mila; trattati 11mila: pazienti in sottotrattamento 18mila;
  • Colite ulcerosa – prevalenti 97mila; eleggibili al trattamento con biologico tra i 15mila e i 49mila; trattati 8mila: pazienti in sottotrattamento tra i 7mila e i 41mila.
  • Oncoematologia – in quest’area, nelle 5 patologie considerate, la situazione sembrerebbe diversa: secondo il confronto con un KOL i pazienti idonei al trattamento con il biologico vi accedono senza limitazioni ma i dati di letteratura sembrano indicare potenziali aree di approfondimento.

La variabilità dei dati

Un pool importante e soprattutto inedito di dati su cui L’AIFA ha scelto di avviare una riflessione e un confronto con tutti gli stakeholder e con le associazioni dei pazienti.

“Rispondendo, oltre un anno fa, alla richiesta di approfondimento rivoltaci da IBG ci siamo resi conto del fatto che non esistono di fatto studi analoghi - spiegaLuca Minotti (Partner Mediterranean Life Sciences Leader di EY), coordinatore dello studio. - La nostra analisi ha dunque il merito di richiamare per la prima volta l’attenzione su un tema oggi non sufficientemente affrontato, offrendo spunti di riflessione per approfondimenti che vedano coinvolti i principali stakeholders”.

“È l’avvio di un percorso che andràdunque approfondito”,avverte ancora Minotti, che spiega: “Nonostante l’esistenza di numerose linee guida e banche dati che possono essere utilizzate per identificare con chiarezza la popolazione potenzialmentesottotrattata, i dati provenienti dalla realtà non sono altrettanto oggettivabili; ciò è dovuto sia a uno scostamento tra le linee guida e l’opinione dei KOL, che a una difficoltà nel delineare l’epidemiologia. Ne consegue una variabilità talvolta anche significativa del dato di sottotrattamento”.

“Per questo - conclude - perle patologie che presentavano un’ampia variabilità del dato di sottotrattamento, si è data evidenza anche delle stime più conservative”.

Cause e soluzioni

Tra gli spunti di riflessione offerti dagli analisti di Ernst&Young, al capitolo delle possibili cause del sottotrattamento figurano non solo il costo elevato dei biologici e la scarsa confidenza di medici e pazienti con questa tipologia di prodotti, ma anche la scarsa diffusione dei centri specialistici e la conseguente presa in carico tradiva e più in generale una governance non ottimale dei percorsi di cura delle patologie in questione che dovrebbe prevede, in primis, l’integrazione tra gli specialisti e il controllo dell’aderenza al trattamento ma anche – in un caso – l’impossibilità di distribuzione presso le farmacie territoriali.

Tra le possibili soluzioni suggerite, oltre all’ottimizzazione dei percorsi di cura (PDTA) e alpotenziamentodella rete dei centri specialistici, nell’agenda suggerita da E&Y figurano al primo posto il potenziamento delle informazioni indirizzate a medici e pazienti e la sensibilizzazione ad un maggiore utilizzo dei biosimilari specie per liberare risorse da reinvestire, ampliando la platea dei destinatari delle cure, magari nella medesima struttura che ha generato il risparmio, con un meccanismo di gain-sharing.

Il percorso AIFA

La stessa AIFA, del resto,ha sottolineato che il convegno organizzato oggi a Roma aveva lo scopo di invitare a un confronto “per valorizzare le opportunità che i biosimilari, quelli attuali e quelli che verranno, possono portare al SSN” poiché essi “rappresentano un potente strumento per superare il problema del sottotrattamento e rendere disponibili terapie a un numero sempre maggiore di pazienti, in particolare nelle aree dell’oncologia, reumatologia, gastroenterologia e dermatologia”.

In quest’ottica, il nuovo Position Paper dell’Agenzia italiana del farmaco sui biosimilari - presentato in apertura dei lavori dal direttore generale, Mario Melazzini - recupera le fila di un discorso rimasto interrotto il 15 settembre del 2016, data di chiusura della consultazione pubblica avviata all’epoca sul documento destinato adaggiornare gli orientamenti regolatori in materia, risalenti al Position paper del 2013.

Il testo ufficializzato sintetizza definizioni e normative note e condivise a livello europeo e ribadisce che la scelta finale su cosa prescrivere al paziente spetta al medico curante, che viene allo stesso tempo nuovamente responsabilizzato sul buon uso delle risorse.

A caratterizzare il documento sono però due vistose novità: la prima consiste nella “sparizione” di qualsiasi riferimento ai pazienti “naive” (ovvero, mai trattati in precedenza o trattati molto tempo prima) come destinatari privilegiati del biosimilare.

La nuova versionefa un deciso passo avanti,specificando che secondo AIFA “i biosimilari costituiscono un’opzione terapeutica il cui rapporto rischio-beneficio è il medesimo di quello dei corrispondenti originatori di riferimento, come dimostrato dal processoregolatorio di autorizzazione” e che “tale considerazione vale anche per i pazienti già in cura, nei quali l’opportunità di sostituzione resta affidata al giudizio clinico”.

Consequenziale, ancorché eclatante, la seconda, consistente nella piena validazione da parte di Aifa della “intercambiabilità” tra originator e biosimilare.

 “Siamo soddisfatti dello sforzo di chiarezza e della voglia di confronto manifestato dall’AIFA con l’evento odierno - commenta Manlio Florenzano, coordinatore del Gruppo IBG, organo ufficiale di rappresentanza dell’industria dei farmaci biosimilari in Italia. – Il principio dell’intercambiabilità originator-biosimilare rappresenta una risposta concreta ed efficace al tema del sottotrattamento e apre le porte all’ampliamento della platea dei pazienti  che potranno accedere ai trattamenti innovativi in uno stadio sempre più precoce della malattia”

“Il documento - prosegue Florenzano - conferma tutti i presupposti alla base dell’introduzione dei biosimilari sul mercato europeo, specificando cheè l’Ema a valutare la biosimilarità in base a tutte le massime evidenze scientifiche disponibili e che dunque non sono necessarie ulteriori valutazioni comparative effettuate a livello regionale o locale, ribadendo comunquela potestà dell’ente regolatorio nazionale di intervenire, valutandocaso per caso ed eventualmente modificandole proprie posizioni sui singoli prodotti o sulle singole categorie terapeutiche, col progredire della pratica cinica e delle evidenze scientifiche acquisite”.

“Si tratta di un orientamento pienamente condiviso anche dalle aziende produttrici - conclude Florenzano. - Questa pregevole iniziativa dell’AIFA porge agli operatori sanitari, ai pazienti e ai cittadini, informazioni autorevoli, chiare, trasparenti, convalidate ed obiettive promuovendo un adeguato utilizzo e accesso ai prodotti biosimilari nel nostro Paese”.

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Foto: Mike Chai su Pexels

  

 

RASSEGNA

Agir 

 

Altro

Ancora  un anno di crescita per il mercato dei farmaci equivalenti che nel 2017 ha assorbito il 21,5% a confezioni e l’12,4% a valori del canale farmacia. Quasi il 90% delle confezioni di farmaci equivalenti sono di classe A, rimborsate completamente dal Servizio Sanitario Nazionale. Il dato è contenuto nel Report annuale del Centro Sudi Assogenerici che da conto dei dati a consuntivo gennaio-dicembre 2017.

L’analisi degli andamenti nel canale farmacia evidenzia una performance positiva dei prodotti equivalenti (classi A e C) con una crescita del 5,7% a unità e del 9,5% a valori, a fronte di un arretramento del mercato farmaceutico complessivo (-1% a unità e -1,6% a valori) e di una ancor più ampia frenata del mercato dei branded a brevetto scaduto (-2,8% a unità e -3,1% a valori).

Altro

Conferma ai vertici di Assogenerici,  l’associazione  dei  produttori  di  farmaci  equivalenti  e  biosimilari,  che ha tenuto oggi la propria Assemblea rinnvando gli organi  istituzionali  per  il  biennio  2018 - 2019. 

A guidare la squadra sarà ancora una volta Enrique  Häusermann  (EG  SpA), confermato alla presidenza. Lo affiancheranno, nel ruolo di vicepresidenti,   Hubert Puech D’Alissac (Teva Italia) con  delega  all’Area  Medicinali  generici e Alberto  Giraudi  (ABC  Farmaceutici),  con  delega  all’Area  delle  PMI,  nelle  quali  rientrano  tutte  le  piccole  e  medie  imprese  del  settore.  Gli  altri  componenti  del  Consiglio  di Presidenza  sono  Massimiliano Rocchi (Accord Healthcare Italia), vicepresidente per l’Area  Medicinali   Ospedalieri,  Paolo   Angeletti   (Salf) Vicepresidente  - Area Produzione Industriale e Conto Terzi e  Manlio Florenzano (Sandoz) vicepresidente  per l’area  dei medicinali  biosimilari, che continuerà a coordinare l’Italian  Biosimilars  Group, con il supporto di due vicecoordinatori, Stefano Collatina (Baxter) e Amedeo Soldi (Mundipharma).  Tesoriere  è  stato  confermato  Gualtiero  Pasquarelli  (DOC Generici).  

Nella sua relazione all’Assemblea, Häusermann ha ribadito obiettivi e priorità dell’associazione per il prossimo biennio, riassumendo i contenuti del documento strategico che Assogenerici ha già fatto pervenire alle forze politiche impegnate nella campagna elettorale in vista delle elezioni del 4 marzo.

“Negli ultimi anni abbiamo lavorato incessantemente affinché Assogenerici divenisse quello che oggi è da tutti riconosciuta – ha detto il Presidente – ovvero un interlocutore ed un partner credibile delle istituzioni, delle autorità di regolamentazione e di tutti gli stakeholders, con cui l’Associazione intrattiene una costante attività di confronto e dialogo”. “Ora - ha proseguito - c’è da percorrere l’ultimo miglio: quello che  renderà l’azione associativa ancora più incisiva nel raggiungimento degli obiettivi che giudichiamo irrinunciabili per il prossimo biennio”.

Obiettivi che il documento Assogenerici riassume in tre grandi capitoli.

In primis la Governance farmaceutica, puntando a riattivare un “cantiere” troppe volte interrotto per garantire il diritto di ciascuna impresa ad operare in un mercato in cui vi sia reale garanzia di equa concorrenza.

Tre gli interventi irrinunciabili citati in proposito dal presidente Assogenerici: “la compensazione sia tra i tetti di spesa sia tra i fondi per i farmaci innovativi, prevedendo che qualsiasi eventuale avanzo debba essere utilizzato per la riduzione dei ripiani posti a carico delle imprese produttrici; la revisione dell’intero meccanismo di distribuzione del pay back, prevedendo sistemi di calcolo del ripiano basati su un criterio certo di equità, quale quello della quota di mercato effettivamente coperta dall’impresa; l’obbligo di reinvestire nel capitolo della spesa farmaceutica tutti i risparmi derivanti dall’utilizzo dei farmaci equivalenti e biosimilari”.

A seguire tutte le criticità burocratico-amministrative – molto rilevanti per le imprese manifatturiere, soprattutto attive nel conto terzi farmaceutico – ed il tema degli incentivi per l’innovazione dei processi industriali.

“L’eccesso di procedure amministrative; la poca tempestività nelle risposte da parte della PA, i cavilli burocratici rimangono  fattori  debilitanti per aziende che operano in un settore altamente controllato e regolato come quello farmaceutico”, ha sottolineato  Häusermann, che individua nella “eccessiva pressione sui prezzi - tra i più bassi d’Europa - nella competizione dei produttori extra-europei e nella indisponibilità di  un piano di defiscalizzazione o di incentivi a supporto dell’innovazione dei processi industriali delle imprese medio-piccole”,  i principali nodi da affrontare per la rilevanza che assumono per il comparto rappresentato in Assogenerici.

Un focus ad hoc, infine, sul canale ospedaliero, di cui le aziende degli equivalenti coprono oltre il 25% del fabbisogno, movimentando volumi elevatissimi e in molteplici casi rappresentando l’unica fonte di approvvigionamento per gli enti del SSN.

“A  fronte dell’eccessiva pressione sui prezzi e al conseguente fenomeno dei lotti deserti nel nostro Paese - ha ricordato Häusermann -  si rischia sempre più spesso di andare incontro a fenomeni di carenza ed interruzione della fornitura, con conseguenti extracosti per il Servizio sanitario nazionale. In questo quadro, il sistema delle gare al massimo ribasso rischia di determinare la fuoriuscita dal mercato di numerose imprese, soprattutto Pmi, con una significativa riduzione del numero di aziende operanti e della possibilità di risparmio garantita fino a oggi dalla competizione delle nostre imprese. Senza l’introduzione di adeguati correttivi restano pochi margini di sostenibilità nel lungo periodo - ha concluso il neo- rieletto presidente Assogenerici - E sarà l’intera spesa di settore ad entrare in crisi davvero”.

 

Nel segno della continuità anche l’azione che l’associazione intende portare avanti sul tema dei biosimilari tramite l’Italian Biosimilars Group: “I farmaci biosimilari  rappresentano una delle principali opportunità per il nostro SSN - ha spiegato il coordinatore dell’IBG, Manlio Florenzano. -  Perché questi prodotti possano esprimere al massimo le proprie potenzialità  è però essenziale il mantenimento di regole condivise, maggiore informazione scientifica indirizzata ai clinici e un maggiore coinvolgimento dei pazienti. Ma soprattutto è necessario che le risorse generate dall’utilizzo dei biosimilari vengano reinvestite fino all’ultimo centesimo per garantire ai pazienti l’accesso ai farmaci innovativi. Questo traguardo - ha concluso - può essere raggiunto solo attraverso un dialogo condiviso con le istituzioni e tutti gli stakeholder del settore, con l’obiettivo della piena comprensione del valore di questa risorsa terapeutica al fine di proteggere i pazienti dal rischio di un mancato accesso alle migliori cure”.

 

http://www.rifday.it/2018/02/23/assogenerici-conferma-hausermann-la-priorita-resta-la-nuova-governance/

 

 

Altro

Milano , 22 febbraio 2018 – Si è svolta  oggi  a Milano l’Assemblea di Assogenerici, l’associazione  dei  produttori  di  farmaci  equivalenti  e  biosimilari,  chiamata  a  rinnovare  i propri organi  istituzionali  per  il  biennio  2018 - 2019.  

Confermati, con qualche integrazione, tutti i vertici associativi: a guidare la squadra sarà ancora una volta Enrique  Häusermann  (EG  SpA), confermato alla presidenza. Lo affincheranno, nel ruolo di vicepresidenti,  Cinzia Falasco Volpin  (Mylan  SpA), con  delega  all’Area  Medicinali  generici e Alberto  Giraudi  (ABC  Farmaceutici  SpA),  con  delega  all’Area  delle  PMI,  nelle  quali  rientrano  tutte  le  piccole  e  medie  imprese  del  settore.  Gli  altri  componenti  del  Consiglio  di  presidenza  sono  Stefano  Collatina  (Baxter   SpA) vicepresidente  - Area   Medicinali   Ospedalieri,  Paolo   Angeletti   (Salf   SpA) Vicepresidente  - Area Produzione Industriale e Conto Terzi, e  Manlio Florenzano (Sandoz SpA) vicepresidente  per l’area  dei medicinali  biosimilari che continerà a coordinare l’Italian  Biosimilar  Group.  Tesoriere  è  stato  confermato  Gualtiero  Pasquarelli  (DOC Generici  Srl). 

Altro

Doppi costi e doppia burocrazia in arrivo per l'industria farmaceutica nazionale che a breve sarà costrettaa sostenere gli oneri di un doppio regime di tracciatura del farmaco: quello nazionale del Bollino autoadesivo, attualmente in vigore, e quello europeo di recente approvazione, con un onere addizionale a carico delle imprese operanti in Italia valutabile intorno ai 70 milioni di euro. 

A denunciarlo un comunicato congiunto con cui Farmindustria e Assogenerici "esprimono forte rammarico per il ritiro dell’emendamento alla legge di Bilancio che aveva come unico obiettivo quello di allineare, sin dall’inizio, il nostro Paese all’applicazione della normativa europea sulla Tracciatura dei medicinali" e sollecitano una rapida soluzione "per evitare il rischio di delocalizzare la propria produzione, oggi al secondo posto in Europa di poco dietro la Germania".

L'allarme delle associazioni dei produttori farmaceutici è legato al ritiro dell'emendamento in precedenza presentato dal Relatore, Francesco Boccia (PD) alla Legge di Bilancio 2018 (A.C. 4768), all'esame della V Commissione della Camera.

L'emendamento - come sottolineato nel comunicato congiunto diffuso oggi - aveva come unico obiettivo quello di allineare anticipatamente il nostro Paese all’applicazione della normativa sulla “Tracciatura europea” dei medicinali, una scelta che non avrebbe comportato oneri di alcun tipo per la finanza pubblica ma che avrebbe invece consentito all’intero comparto farmaceutico nazionale di non subire penalizzazioni anche in termini di capacità competitiva in ambito europeo.

La  direttiva FMD (Falsified Medicine Directive)

La Direttiva 2011/62/Ue (Falsified Medicine Directive – FMD) ha regolamentato nel dettaglio il tema della contraffazione nel settore farmaceutico, prevedendo l’istituzione di sistemi di sicurezza e di identificazione di ogni singola confezione. Il Regolamento attuativo (Regolamento Delegato 2016/161 della Commissione Ue) ha individuato il codice Data Matrix come strumento per la verifica di autenticità dei farmaci: è un codice bidimensionale, stampato direttamente sulla confezione, nel quale saranno contenute le informazioni relative a numero di lotto, data di scadenza e numero seriale, i cui costi di implementazione saranno completamente a carico  delle aziende produttrici di farmaci e degli importatori paralleli.

La norma entrerà in vigore dal 9 febbraio 2019 in tutti i Paesi, fatta eccezione per Italia, Belgio e Grecia, che avendo già da tempo di un sistema di tracciatura dei medicinali, dispongono di una proroga di ulteriori 6 anni, avendo come scadenza ultima il febbraio del 2025. Il Belgio ha tuttavia già fatto sapere che si adeguerà al nuovo sistema da subito, senza usufruire della deroga.

La deroga riconosciuta all’Italia è legata all’esistenza nel nostro Paese di un sistema di tracciatura basato sul cosiddetto “bollino autoadesivo”.

Nel caso delle aziende che operano in Italia, la cui produzione è per oltre il 70% destinata all’export, la proroga è però del tutto teorica: le linee produttive dovranno essere adeguate entro febbraio 2019, per rispondere alle richieste del mercato europeo. Lo stesso Antitrust in una segnalazione del 30 novembre aveva sollecitato il Parlamento ad introdurre quanto prima il nuovo sistema di tracciatura europeo dei medicinali.

Con questo obiettivo la filiera farmaceutica ha già da tempo avviato un tavolo finalizzato alla costituzione dell’ente (National Medicines Verification Organization – NMVO) che – in attuazione della normativa comunitaria - dovrà essere  creato in ciascuno Stato membro per la gestione dell’archivio nazionale dei codici integrato nella piattaforma europea dell’EMVO (European Medicines Verification Organization), cui faranno riferimento tutti i sistemi nazionali.

Danni per il fisco e per le imprese

Il mancato inserimento nella Legge di Bilancio 2018 della norma di legge necessaria a supportare l’adeguamento immediato della normativa Ue avrà come inevitabile ricaduta gli effetti quantificati dalla stessa relazione illustrativa all'emendamento sparito: 70 milioni di euro di costi addizionali per le imprese produttrici per il mantenimento del sistema di tracciatura con il “bollino autoadesivo” acquistato dal Poligrafico e conseguentemente 23 milioni di euro di minore entrata Ires per l'erario. 

 

 

 

 

 

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Farmindustria e Assogenerici esprimono forte rammarico per il ritiro dell’emendamento alla legge di Bilancio che aveva come unico obiettivo quello di allineare, sin dall’inizio, il nostro Paese all’applicazione della normativa europea sulla “Tracciatura dei medicinali”.

Una scelta che non avrebbe comportato oneri di alcun tipo per la finanza pubblica ma che avrebbe invece consentito all’intero comparto farmaceutico nazionale di non subire penalizzazioni anche in termini di capacità competitiva in ambito europeo.